Il processo infinito di Garlasco

La riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco ha dato la stura alle investigazioni parallele del giornalismo in tutte le sue forme. Reporter, criminologi, avvocati, specialisti di vario genere hanno preso le veci dei giudici, finora gli unici quasi non coinvolti, eccezion fatta per i magistrati del pubblico ministero, che indagano una persona per il delitto in concorso con ignoti. Alla luce dei fatti, tutto è più oscuro di prima che le nuove acquisizioni (probatorie, indiziarie, inventate?) venissero presuntivamente sciorinate coram populo attraverso la stampa, la televisione, i social. Accade mentre il condannato in via definitiva viene “assolto” dal pubblico che decreta l’errore giudiziario senza la revisione del processo. In effetti assistiamo ad una procedura penale inedita: la revisione in piazza, a furor di popolo, per pubblica curiosità, sembrando incerto che al vero dibattimento, con imputati veri, si arriverà.

La dissezione delle “risultanze” della nuova indagine ha portato a conclusioni discordanti e talvolta contraddittorie in termini. Ma non importa. La sarabanda interessa i media, innanzitutto le televisioni, che lucrano pubblicità con trasmissioni che ad esse costano quasi nulla. Consente di esplicarvi le sottigliezze della mentalità cavillosa, intrisa di sospetti e diffidenze. Tanti sproloquiano come se il sangue dell’orribile uccisione non fosse ancora rappreso, mentre sono passati diciotto anni, il reo ha scontato una parte della pena, gode della semilibertà. Tuttavia le apparenze sconcertano una parte degl’italiani, messi di fronte a un caso che non sanno più se qualificare giudiziario o para giudiziario o fiction, oppure un genere di letteratura ibrida e di spettacolo misto. Come giallo, pare denaturato; come processo, sembra degenere: il colpevole, ben noto, già c’è; l’indagine rimastica le prove accertate e accettate nel giudizio definitivo. Un rompicapo che appassiona e divide i seguaci delle opposte tesi.

In realtà il paradosso, poco notato, consiste nel fatto che la nuova indagine ha fatto bensì sorgere, come sempre, il partito dei garantisti e il partito dei giustizialisti, nondimeno i garantisti afferiscono sorprendentemente al condannato anziché all’indagato, sul quale è caduta invece la scure dei giustizialisti. Il paradosso mi offre l’occasione di rimarcare per l’ennesima volta che “garantismo” e “giustizialismo” non solo sono espressioni ambigue e incerte (anche per la Treccani) che inducono in errore, ma vengono adoperate con significati diversi nella testa di chi parla e di chi ascolta. Se mi perdonasse l’autocitazione, ricorderei al lettore che costituiscono una truffa semantica, evitabile sostituendole con “colpevolismo” e “innocentismo”. “Garantista” è l’innocentista in servizio permanente fino alla sentenza definitiva di condanna. “Giustizialista” è il colpevolista in servizio permanente prima della sentenza definitiva di condanna (Illiberalismo, Storia contemporanea, 3/2023).

Pertanto, nel procedimento infinito di Garlasco, i garantisti sono innocentisti doppiamente stravaganti, mentre i giustizialisti sono colpevolisti per il condannato e per l’indagato. I due processi intrecciati di Garlasco, il processo giudiziario concluso dalla sentenza definitiva di condanna dell’imputato ma “riaperto” con un nuovo indagato in concorso con ignoti e il processo mediatico in corso per lo stesso assassinio con il medesimo condannato però con un differente presunto assassino, costituiscono un unicum nella pur tormentata storia della nostra giustizia, confermando la confusione logica e la commistione fattuale esistenti in Italia tra garantismo naturale dello Stato liberale e giustizialismo connaturato allo Stato illiberale.

Aggiornato il 18 giugno 2025 alle ore 09:35