Istat, produzione industriale di giugno a +0,2 per cento

Secondo l’Istat, l’indice destagionalizzato della produzione industriale a giugno 2025 aumenta dello 0,2 per cento rispetto a maggio. In termini tendenziali diminuisce dello 0,9 per cento rispetto a giugno 2024. I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+15,7 per cento), l’attività estrattiva (+6,2 per cento) e la fornitura di energia elettrica (+4,7 per cento). La flessione più rilevante si ha nelle industrie tessili (-8 per cento). Nella media del secondo trimestre – segnala l’Istat – si registra un aumento del livello della produzione dello 0,1 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Nel primo semestre dell’anno si registra un calo della produzione nel complesso dell’1,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024 con un crollo per l’a produzione dell’industria del tessile e dell’abbigliamento (-8,1 per cento).  A giugno ‘‘indice destagionalizzato mostra un calo congiunturale solo per i beni di consumo (-0,9 per cento); viceversa si osservano aumenti, sebbene assai contenuti, per i beni intermedi (+0,2 per cento) e per l’energia e i beni strumentali (+0,1 per cento per entrambi i settori).

Su base tendenziale si registrano aumenti solo per la produzione di energia (+7,3 per cento); mentre calano, i beni strumentali (1,4 per cento), i beni intermedi (-2,1 per cento) e i beni di consumo (-3 per cento). Guardando ai settori di attività economica la flessione più rilevante è per la produzione di tessile abbigliamento (-8 per cento), seguita dalla produzione di prodotti chimici (-3,2 per cento) e dalla fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche e dalla metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-3 per cento per entrambi i settori). Per la fabbricazione dei mezzi di trasporto si rileva un -1,5 per cento tendenziale.

Frattanto, la produzione nell’Europa a 27 da inizio 2000 a inizio 2025 è aumentata del 24 per cento, quella dell’Italia è diminuita di altrettanto. Molte lavorazioni hanno traslocato dall’Italia verso altri paesi. L’anzianità degli impianti delle medie e grandi imprese italiane nell’ultimo quarto di secolo è raddoppiata, la capacità produttiva è diminuita di un quinto. È quanto scrive l’Osservatorio delle imprese della Sapienza Università di Roma, guidato da Riccardo Gallo commentando i dati sulla produzione industriale diffusi oggi dall’Istat. Secondo l’Osservatorio ciò è avvenuto per scarsità di investimenti materiali. Le prime chiusure – scrive l’Osservatorio – “avvennero dopo la crisi finanziaria Lehmann Brothers, e si addebitò a questa la causa di una crisi che fu scambiata per congiunturale. Nel 2017-18 la capacità produttiva italiana rifiatò grazie allo strumento del superammortamento del 2016. Durante la pandemia da Covid nel 2020 ci fu un parziale fermo delle fabbriche ma la capacità produttiva non variò. In questi ultimi 12 mesi di guerre non risolte, la manifattura italiana è tornata a perdere capacità produttiva. Un domani si potrebbe sbagliare di nuovo diagnosi e dare tutta la colpa ai dazi”. L’Osservatorio lancia l’idea “che su richiesta corale dell’Italia il Consiglio europeo integri le importanti indicazioni generali dei Rapporti Draghi e Letta con altre da tagliare su misura per ogni paese, per restituire intraprendenza all’Italia”.

Aggiornato il 06 agosto 2025 alle ore 17:40