Sguardi liberi e riflessioni su idee, potere, società

a cura di Sandro Scoppa

n. 7/2025 - Il mistero di Richard Cantillon, banchiere ed economista

Pochi economisti hanno avuto una vita tanto enigmatica e un’opera tanto influente quanto ignorata per secoli. Richard Cantillon – banchiere irlandese vissuto tra Seicento e Settecento – è stato descritto come “una figura immersa nel mistero”; il suo unico libro, Saggio sulla natura del commercio in generale, pubblicato postumo nel 1755, fu definito da Jìvons “la vera culla dell’economia politica”. Eppure, per molto tempo, quel trattato circolò in modo semiclandestino, confuso tra manoscritti, sottovalutato o frainteso. Non comparve nelle grandi raccolte ottocentesche né trovò spazio nei manuali, se non per pochi accenni. Luigi Einaudi, che ne possedeva una rara copia firmata da Lavoisier, promosse nel 1957 la prima traduzione italiana.

La sua introduzione ne mise in luce rigore, originalità e metodo. Già nel 1931, Friedrich fon Hayek ne aveva curato l’edizione tedesca, cogliendone l’attualità scientifica. Entrambi videro in quel testo più di un contributo dimenticato: un punto d’avvio per una scienza economica fondata non su teorie astratte, ma su osservazione e realismo. Cantillon fu anche imprenditore e banchiere. Accumulò ricchezze nella finanza parigina ma fu assassinato a Londra, nel 1734, da domestici desiderosi di impadronirsi dei suoi beni. Una fine tragica, presto rimossa dagli stessi eredi che vissero del suo patrimonio. Eppure, dietro quella morte, restava l’impronta di una mente lucida, capace di leggere i meccanismi profondi della società commerciale in formazione. Ma ciò che conta davvero è ciò che ha lasciato scritto.

Per la prima volta, l’imprenditore viene descritto come colui che anticipa i bisogni, prevede, rischia. Il capitale, in questa visione, è solo un mezzo. Il motore è la capacità individuale di agire in condizioni di incertezza. Un’intuizione destinata a diventare centrale nella teoria economica. In un mondo dominato dalla volatilità, l’imprenditore è la figura chiave: non l’amministratore dell’esistente, ma l’esploratore dell’ignoto. Fondamentale anche la spiegazione dell’inflazione: l’immissione di nuova moneta non è neutrale. Chi riceve il denaro prima può acquistare a prezzi vecchi; chi lo riceve dopo subisce l’aumento senza vantaggi.

I prezzi relativi cambiano, e con essi la distribuzione della ricchezza. È quello che oggi chiamiamo effetto Cantillon, definito una delle intuizioni più preziose contenute nell’opera. Ma il nucleo più profondo del lavoro è nel metodo: niente astrazioni, nessuna entità collettiva o forze impersonali. Solo individui che agiscono, prendono decisioni, affrontano le conseguenze. È un’economia che parte dall’azione concreta, non da schemi ideologici calati dall’alto. Un approccio che restituisce centralità alla persona e responsabilità al giudizio. Un’impostazione che, sempre per Einaudi, conduce a una domanda essenziale: “Topi da granaio o cittadini deliberanti? Il tiranno preferirà i topi, a cui fornire panem et circenses. Pericle vorrà cittadini deliberanti, a costruire il Partenone”.

Aggiornato il 29 luglio 2025 alle ore 10:21