
Questa settimana ha avuto il suo battesimo l’ennesima nuova bolletta più leggibile. La trasparenza implica correttezza? Non sempre. Quando acquistiamo una casa, con l’accensione di un mutuo, tra le decine di firme da apporre ci sono le firme per accettare le clausole vessatorie, chiaramente identificate come tali. Il nostro codice impedisce l’apposizione di clausole vessatorie, ma ammette che vi si possa rinunciare, in forma specifica. Il nostro codice punisce chi scriva il contratto inserendo clausole vessatorie. Qualora nasca una diatriba tra contraenti, l’interpretazione delle clausole vessatorie deve essere interpretata a danno del contraente che le ha apposte. Risultato: i contratti proposti dai fornitori di servizi pubblici li scrivono come “richiesta da parte del cliente”. Una foglia di fico, ma da un po’ di tempo negli uffici dei giudici di pace e nei tribunali le aziende fornitrici godono di maggiore protezione giudiziale. Che siano loro a proporre contratti standardizzati non rileva.
Anche per le compagnie aeree il contratto di prestazione pone sempre più limiti al passeggero. I bagagli devono essere sempre più piccoli, i disservizi per cause di forza maggiore aumentano e per ottenere i rimborsi bisogna fare richiesta. Niente automatismi. A pagare, dobbiamo essere lesti. A ricevere, solo se combattiamo. I vettori aerei sono anche clienti. Nei confronti dei fornitori di servizi, gli aeroporti o i lessor, quelli che affittano gli aerei, pagano caro a loro volta qualsivoglia disservizio. A meno di essere Ryanair o avere una capacità legale e di migrazione dai mercati quasi immediata. È sufficiente che, per cause di forza maggiore autocertificata, l’arrivo delle scalette o i bus chiamati interpista, ritardino una manciata di minuti che i costi per le compagnie aeree lievitino, fino a mettere in pericolo anche la loro esistenza.
Anche il commerciante al dettaglio è forte quando vende, ma quando è cliente deve subire la stessa impostazione che lo costringe ad affrontare costi amministrativi crescenti.
La legislazione a favore del contraente debole, vanto delle democrazie liberali, si è affievolita. Questo è un dato di fatto.
Torniamo all’energia. La materia non è troppo complessa, se la si vuole ridurre alle sue grandi linee. L’elettricità è servizio primario e necessario. Dobbiamo averla. La conseguenza è che lo Stato lo sa e quindi carica sulle bollette una parte importante della tassazione cosiddetta indiretta. Sia la politica ecologica che quella radiotelevisiva sono finanziate dalle bollette, per fare un esempio. Poi, ovviamente, ci sono l’Iva e le accise. Più costano i servizi, più il gettito Iva aumenta. Le società che si occupano di energia fanno parte di un piccolo esercito di riscossori per conto dello Stato. Lo Stato ringrazia benevolmente.
La concorrenza nel settore energetico è solo a parole. Nel caso dell’elettricità, la fonte dell’intero approvvigionamento energetico è un Acquirente Unico. Si tratta di una società pubblica, ovviamente. Come campa, questa società? Con un aggio sulla bolletta nazionale. In sostanza, l’Acquirente compra tutta l’energia che serve e la cede agli esercenti del servizio di maggior tutela, facendosi riconoscere i costi. Quali sono i costi di questa azienda? Li certifica la stessa azienda, li spalma sui Gigawatt e si fa pagare.
I gestori del servizio di maggior tutela a loro volta sono i fornitori di energia elettrica per tutte le aziende che vendono il cosiddetto “ultimo miglio”. Che non è in realtà un miglio, ma molto meno. Anche perché anche la rete è comune a tutti i fornitori di energia. E anche in questi casi, le aziende hanno diritto al riconoscimento dei costi, più un aggio deciso dall’autorità delle reti e secondo legge.
Anche le aziende in concorrenza, quelle che telefonano dalla mattina alla sera per ottenere nuovi clienti, sono a concorrenza limitata. La competizione si basa su una “forchetta” estremamente ridotta. Parliamo di pochi centesimi per kilowatt. Il resto della bolletta è invece letteralmente bloccato e uguale per tutti.
L’intero settore elettrico si basa quindi sull’autocertificazione dei costi da parte delle imprese. La concorrenza è fittizia, considerato che l’Acquirente per tutti è per l'appunto Unico.
Il varo della nuova bolletta più “trasparente” cambia poco le cose. Dice anch’essa quanto devi pagare e senza poter discutere niente. L’Arera ha fatto sapere che, a seguito di indagine, ha scoperto che le imprese elettriche hanno sovrafatturato cinque miliardi sui consumatori finali. Il fatturato complessivo del settore elettrico in Italia è stato di 421,3 miliardi nel 2024. Il massimo storico è del 2021, con 643 miliardi.
L’Arera quindi ha scoperto un eccesso di fatturazione, non una truffa, di poco più dell’1 per cento del fatturato complessivo attuale o dello 0,6 per cento sul fatturato 2021. Un’inezia. Ovviamente è giusto e importante che quei cinque miliardi tornino nelle tasche di chi li ha pagati ingiustamente, ma non risolve la questione.
Il problema del costo dell’energia in Italia, tanto per le imprese che per le famiglie, si chiama alleanza tra monopolio e tasse. La finta concorrenza in atto è una pantomima che consente l’esistenza di un sistema che è bloccato, pone a carico di tutti noi gli investimenti ma garantisce rendite di posizione e anche sprechi, senza controllo.
I monopoli, che siano gestiti dal pubblico o dal privato, non cambiano la loro natura. Costano molto e sprecano a saggi crescenti. Non vale solo per l’energia, ovviamente. Ma dibattere di cambiare le fonti di produzione in presenza di un sistema di pagamento della distribuzione e della vendita al dettaglio oltremodo costose rischia di essere fuorviante. Con questa struttura della formazione delle tariffe, possiamo avere energia anche dal cielo stellato, la pagheremo sempre un accidente.
Aggiornato il 04 luglio 2025 alle ore 15:38