Ue: dopo l’energia, l’acqua

È innegabile che la gestione Ursula von der Leyen, ininterrottamente dal primo dicembre 2019 presidente della Commissione europea, sia improntata sul crescente onere finanziario dei costi di vita essenziali per famiglie e cittadini europei: questa presidenza di Commissione Ue ha determinato l’evidente aumento dei costi energetici, permettendo quell’impennata dei prezzi che, negli ultimi due decenni, le politiche avevano in mille modi frenato. Oggi, dopo l’energia, è giunto il turno dell’acqua.

Anche questa volta Ursula von der Leyen ha prima permesso che le multinazionali si accordassero a Davos e poi supinamente sta vigilando che l’Unione europea non metta alcun ostacolo ai desiderata dei gestori finanziari dell’Occidente. A darci traccia di quanto farà Bruxelles ha provveduto uno degli invitati al vertice Wef di Davos: Fabrizio Palermo (amministratore delegato di Acea) ha detto a Repubblica Affari&Finanza dello scorso 22 gennaio che c’è stata la “svolta a Davos, alleanza per regia unica sull’acqua. Ue in campo… Il fatto che oggi a Davos abbiamo messo l’acqua al centro dell’agenda e ne abbiamo parlato insieme a Jessica Roswall, Commissario europeo per l’Ambiente e l’acqua, rappresenta un primo passo verso questa direzione”.

“Oggi sono molti gli eventi che impattano in maniera importante sulla risorsa idrica, con costi che si aggirano sui 300 miliardi di dollari ogni anno ‒ dice Palermo a Repubblica ‒ Eppure l’acqua è ancora spesso sottovalutata. In Europa, ad esempio, esiste una grande disparità nelle tariffe, che vanno da 10 euro per metro cubo a soli 2 euro ma in ogni caso queste tariffe non sono sufficienti per finanziare gli investimenti necessari. L’acqua ha un impatto significativo sul Pil, influenzando agricoltura, industria, energia e persino l’intelligenza artificiale, eppure c’è poca disponibilità a pagarla adeguatamente”. Soprattutto l’amministratore Acea dice: “Potrebbe essere utile anche mettere in campo strumenti finanziari innovativi”.

Insomma, il referendum italiano aveva messo la finanza fuori dalle risorse idriche, ma le multinazionali oggi stanno col fiato sul collo dell’Ue perché venga imposta una privatizzazione in tutti i paesi membri dell’Unione. Eppure, l’obiettivo dei promotori del referendum era proprio impedire che la gestione delle risorse idriche venisse affidata ad aziende private. La questione dell’acqua segue a ruota la speculazione permessa da questa presidenza Ue prima in campo farmaceutico e poi nel settore armamenti, e senza dimenticare l’informatico, il bancario, l’assicurativo, l’edilizia, l’agricoltura: in questa maniera la von der Leyen ha fatto più ricche le multinazionali e messo in povertà metà dei cittadini europei.

Da circa quattro mesi l’ipotesi di privatizzazione dell’acqua pubblica è tornata ad agitare il dibattito politico. Come testa d’ariete per presentare l’emendamento è stato scelto un senatore di Forza Italia, partito notoriamente vicino alla von der Leyen, partito che ha basato su queste questioni il dialogo col Pd a Bruxelles. Il primo firmatario dell’emendamento è Adriano Paroli, senatore forzista lombardo (molto vicino a Tajani e storico rappresentate bresciano di Comunione e Liberazione): l’emendamento Paroli parla d’ingresso di capitali privati nelle “società in house che gestiscono le risorse idriche”, ma veniva ritirato dopo l’acceso dibattito sul “ddl tutela ambientale”. Insomma, l’Italia ha voluto fare la prima della classe, e Forza Italia ha dimostrato a Bruxelles di essere pronta a seguire la linea di Davos.

In Italia sono debolucce le opposizioni contro la privatizzazione, invece in Francia il governo Macron deve rispondere giudiziariamente dei suoi rapporti amicali col gruppo Nestlé (multinazionale padrona delle acque Perrier, San Pellegrino, Acqua Panna, Levissima e tanto altro ancora). Macron s’è fatto beccare ad aiutare la Nestlé come il Wef comanda, ed ora la multinazionale teme pesanti condanne dalle corti francesi, quindi tenta di vendere innanzitutto la Perrier e la Levissima: va precisato che la Nestlé non è più tra le multinazionali gradite ai gestori finanziari del pianeta. A curare vendita ed acquisizioni delle acque provvede la banca d’investimento Rothschild, che promette a Nestlé di trovare presto chi subentrerà all’affare dei circa sei miliardi di euro dell’imbottigliamento alla fonte. L’agenzia Reuters scrive che sarebbero scesi in campo, per acquisire l’acqua europea, fondi planetari finanziariamente più forti di Nestlé: ovvero Platinum Equity, Blackstone, One Rock Capital Partners, Pai Partners e Cd&R.

È noto che la Commissione Europea ascolti soprattutto ciò che suggeriscono BlackRocck e BlackStone: consigli che fanno sempre il paio con ciò che matura durante i vertici di Davos. Rimane il fatto che la Nestlé non sia azienda benefica, ma sarebbe anche partito l’ordine di costringere la Nestlé alla dismissione per poi passare ad affidare tutte le acque europee ai colleghi di Blackstone.

L’accusa mossa alla Nestlé potrebbe ben presto essere rivolta a tutti i grandi gestori europei, ovvero che “i siti di produzione non sono in linea con il quadro normativo europeo applicabile”. La Commissione europea aveva già dalla scorsa estate parlato di “gravi lacune nel sistema europeo di controllo delle acque minerali”: i siti francesi sono stati i primi impianti a finire sul banco degli imputati.

I “grandi osservatori” danno Emmanuel Macron ormai come perdente nei giochi europei, soprattutto pare che il suo rapporto con la Nestlé non sia garbato ai lobbisti europei di BlackRocck e BlackStone. Da qui una sorta di messa in castigo di Macron, d’emarginazione, che i consulenti finanziari Ue avrebbero consigliato alla von der Leyen per scongiurare si possano incrinare i rapporti di fiducia con BlackRock, BlackStone e Platinum Equity.

Ai sudditi europei non rimane che subire e aspettare. Perché l’acqua per ora è un bene pubblico, la proprietà della rete idrica è interamente pubblica, ma ben presto una norma Ue potrebbe obbligare gli stati membri ad accettare prima la cessione delle gestioni ai privati (pedine dei grandi fondi) e poi la vendita dell’intera proprietà dell’acqua dolce ai poteri finanziari citati. Perché, teniamolo bene a mente, il raffreddamento dei siti cibernetici dove hanno sede i computer per creare e gestire moneta elettronica o per amministrare l’intelligenza artificiale, ma anche per tracciare ogni movimento umano (sia economico che fisico), è affidato all’acqua dolce: senza acqua il capitalismo fiscale di sorveglianza muore. Ecco che i grandi fondi puntano a centellinare il prezioso bene, soprattutto a farcelo pagare tantissimo.

Aggiornato il 16 maggio 2025 alle ore 18:41