venerdì 11 luglio 2025
In questa calda estate 2025, scorrendo le cronache italiche, si legge ormai da giorni, di giovani maturandi e dei loro esami orali. Abbiamo iniziato la settimana venendo a conoscenza del rifiuto da parte di uno studente, a Padova, di svolgere l’esame orale della maturità, avendo accumulato già sufficienti punti per garantirsi la promozione, con tanto di invettiva contro un supposto sistema ingiusto perché pretende di assegnare punteggi senza rispecchiare le reali capacità dei ragazzi, quindi palesarsi come una inutile formalità. La scuola, a parere del maturando, sarebbe solo una macchina che genera stress più che un luogo di formazione. La presidente della commissione che rappresenta la “macchina genera stress” (per descrivere la scuola con i termini dell’alunno) ha risposto che il mancato svolgimento dell’orale era un insulto al lavoro dei docenti che avevano corretto i suoi scritti.
Si è continuato con altre cronache similari, e si è arrivati a leggere di una studentessa che a Nardò, nonostante il 98/100 assegnatole dalla commissione ha recriminato contro la presidente, scrivendole una lettera di protesta nei confronti del presunto atteggiamento “ostile” avuto dalla presidente di commissione, che avrebbe reso il suo esame quasi un incubo. Lettera sottoscritta anche da altri studenti, presenti al colloquio in qualità di testimoni, ci narra con precisione il Correre della Sera. Al di là della singolare coincidenza che in entrambi casi le commissioni fossero presiedute da donne, sorge spontaneo chiedersi cosa abbia portato il giornalismo italiano a far assurgere alle cronache nazionali gli esami di maturità. Sono davvero notizie? Il sistema è così disfunzionale come sembra apparire agli occhi degli studenti e dei giornalisti? O, come affermano in molti, i giovani di oggi non sono più disponibili a soffrire nemmeno per un’unghia spezzata, troppo abituati alla gratificazione “fast” grazie all’uso spropositato dei social, per cui tutto quello che non rende nell’immediato, che non acchiappa like, o che non è instagrammabile è sostanzialmente inutile? Possibile che un esame sia al pari di un incubo o del tutto inadatto a comprendere il vero valore di questi “cuccioli d’uomo” di fronte a tanti Raksha, Bagheera e Baloo, e le presidenti tante Shere Khan?
Sin dalla notte dei tempi, l’esame di maturità è stato visto come uno scoglio, in cui l’imponderabile (la severità dei commissari, la difficoltà delle prove scritte, l’insidiosità delle domande dell’orale) ha avuto sempre un’alta rilevanza, quale fattore di preoccupazione per l’esito della prova di Stato (anche se inversamente proporzionale allo studio svolto). Per quanto le formule di svolgimento degli esami siano cambiate nel corso dei decenni, l’alea è rimasta comunque una costante sulla sorte di ogni maturando di ieri, di oggi e di domani. Che dunque lo stress e l’ansia siano le emozioni predominanti nello stuolo delle centinaia di migliaia di studenti che affrontano ogni anno l’esame di Stato per il conseguimento del diploma di scuola di secondaria di secondo grado è anche comprensibile, ma dovrebbe essere e rimanere un problema personale, al più di classe.
Invece quest’anno prepotentemente scoppia la notizia e diventa quasi fenomeno sociologico. Tuttavia, non si comprende un certo stupore dell’opinione pubblica.
Non appare affatto strano che, se il sistema permette di esercitare la libertà di non sostenere delle prove se la promozione è già acquisita, uno studente decida di esercitarla, soprattutto se non ci si gioca l’accesso nella Ivy League o ad Oxford o Cambridge, per fare il nome di alcune università note ai più. Tutti i giudizi in merito risultano quanto meno non richiesti, come spesso lo sono anche i consigli. Tanto meno appare opportuno evocare la mancanza di rispetto per il lavoro altrui, come ha fatto la presidente della commissione di Padova, riferendosi alla correzione dei compiti scritti. Cara Professoressa, essendo i docenti commissari pagati, il rispetto arriva dal compenso che viene erogato per il lavoro svolto. Nessuna pacca sulla spalla o caramella per premio.
Come i professori esercitano le loro libertà in tanti frangenti della vita, lo stanno facendo anche gli studenti, dato che il sistema lo consente loro. A chi non piace moralmente la loro scelta di non svolgere gli orali quando la promozione è assicurata chieda la riforma, combatta, usi altri argomenti che persuadano gli studenti a vivere tutta la gogna (credo la percepiscano come tale), altrimenti l’unico risultato sarà quello di indirizzare l’attenzione accondiscendente verso gli adulti e di apparire contro i giovani, che possono avere tanti difetti, ma non meritano tanto. Ci si augura solo che siano consapevoli del fatto che non potranno superare tante altre situazioni nella vita evitando le prove che verrà chiesto loro di affrontare.
Se la presidente avesse davvero voluto persuadere quel ragazzo dalla realizzazione del suo piano strategico, che prevedeva di non fare l’orale, le argomentazioni da lei usate e riportate dalla stampa, sono state le più inefficaci possibili, perché nessuno è così folle da scambiare la propria libertà con il riconoscimento del valore e merito altrui.
Può sembrare un discorso triste ed arido, ma così si dimentica il punto di partenza: il sistema attuale di formazione del punteggio finale dell’esame di Stato lo consente, ed in un sistema liberale ciò che non è espressamente vietato è lecito. Si sono letti molti commenti su questa vicenda (e simili scene si stanno ripetendo anche in altre commissioni in altre città), c’è chi ha fatto riferimento a mancato studio, chi a pura strategia, chi ad atto moralmente riprovevole, ma occorre sottolineare che per un ragazzo un conto è sedersi dinanzi ad una commissione con un punteggio che ha già garantito la promozione, altro è sedersi e doversi giocare tutte le carte disponibili perché non v’è certezza del risultato, o perché punta ad un punteggio alto per entrare all’università.
Da liberali diciamo che, con questo esercizio della libertà individuale, essendo ammesso da un sistema di totalizzazione di punti per il raggiungimento di un risultato e non di media tra le prove, chi rifiuta di sostenere l’orale non lede la libertà di nessun altro, assumendosi la responsabilità della conseguenza del proprio gesto (prendere meno punti) e non è, per questo, né giudicabile né condannabile. Per quanto ci possa apparire riprovevole. Anche se è una strategia per massimizzare il risultato (promozione vs bocciatura) con il minimo sforzo, il diritto di scelta va garantito, perché non è vietato da nessuna parte.
Se neghiamo queste libertà fondamentali degli individui, poi non possiamo lamentarci troppo quando ci negano di esprimere la nostra libertà. Unico appunto invece allo studente che ha proposto a giustificazione del suo rifiuto la lotta antisistema. È qui che sta la debolezza dei ragazzi d’oggi, con la loro incapacità di essere autorevoli nei propri riguardi, di cercare in fondo anche loro, come la professoressa presidente di commissione, un fattore esterno che li gratifichi o da gratificare con il proprio comportamento. Perché così quell’esercizio di libertà diventa inutile, sterile e pure un po’ strumentale, trasformandosi in una cartina al tornasole del valore e del grado di maturità del candidato.
Questo vale anche per il caso della studentessa che si è lamentata del comportamento della presidente della commissione. Aspettarsi il rispetto da tutti, sempre, è una grande ambizione. Purtroppo, non siamo tutti uguali, purtroppo la scuola è la prima palestra di allenamento contro l’ingiustizia, e uscirne senza aspettative, senza illusioni e senza delusioni è forse il primo e più importante segno di maturità. La durezza della presidente parla del valore e della qualità della professoressa, non della studentessa. Il mondo è pieno di persone che stanno ai vertici ed esercitano il loro potere come ritengono opportuno, è inevitabile, sarà cura di questa giovane donna decidere, quando sarà il suo turno, se replicare il modello che ha visto all’esame o discostarsene. Si chiama libero arbitrio, ed è fondamentale per rimanere liberi.
Certo, in un caso o nell’altro, la scuola non ne esce affatto bene. Soprattutto tenendo conto del sistema italiano, che ha una modalità abbastanza semplice e facile di svolgimento degli esami. In altri sistemi scolastici, questi ragazzi, avrebbero avuto ben altro a cui pensare e di conseguenza ben altra sorte se si fossero rifiutati di svolgere qualche prova, chiedetelo ad un qualunque studente che abbia fatto l’Ib diploma, o che ha fatto le scuole francesi, per esempio. Una volta gli esami di Stato non facevano notizia, e così dovrebbero rimanere. Sarebbe auspicabile che gli esercizi di libertà dei giovani si svolgessero in altri contesti, ma avrebbero lo stesso risvolto mediatico?
(*) Leggi il Taccuino liberale #1, #2, #3, #4, #5, #6, #7, #8, #9, #10, #11, #12, #13, #14, #15, #16, #17, #18, #19, #20, #21, #22, #23, #24, #25, #26, #27, #28, #29, #30, #31, #32, #33, #34, #35, #36, #37, #38, #39, #40, #41, #42, #43, #44, #45, #46
di Elvira Cerritelli