Il diritto penale come impegno per l’umano

martedì 26 agosto 2025


Scegliere di dedicarsi al diritto penale significa assumere un impegno che trascende il piano della mera opzione professionale, investendo la sfera etica e culturale della persona. Il diritto penale, per sua natura, costituisce l’area dell’ordinamento in cui il potere punitivo dello Stato si manifesta con la massima intensità, incidendo direttamente sul bene primario della libertà personale. È dunque il luogo in cui la giuridicità incontra la dimensione più drammatica dell’esistenza: la colpa, la responsabilità, la sofferenza della vittima, la fragilità dell’imputato, le esigenze di sicurezza della collettività. Non vi è neutralità possibile: optare per il diritto penale significa accettare di misurarsi con la tensione permanente tra legalità e giustizia, tra repressione e garanzie, tra ordine sociale e tutela dei diritti fondamentali.

Prima ancora che come giurista, la scelta interpella l’individuo come persona. Essa implica il riconoscimento che l’autore del reato non si esaurisce nella propria condotta illecita, ma resta titolare di dignità inviolabile ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione. Significa ritenere che la funzione della pena non possa ridursi a mera retribuzione, ma debba conformarsi al dettato dell’articolo 27, comma 3 della Costituzione, orientandosi alla finalità rieducativa e al reinserimento sociale del condannato. Sposare il diritto penale, dunque, vuol dire farsi carico di una concezione del reato non solo come offesa a un bene giuridico tutelato, ma anche come momento di crisi dell’individuo e della comunità, da ricomporre attraverso un processo giusto e una sanzione proporzionata.

Al contempo, il giurista penalista non può limitarsi a un atteggiamento etico. Egli è chiamato a operare con rigore scientifico e tecnico in un settore retto da principi inderogabili che costituiscono il cuore dello Stato costituzionale di diritto: la riserva di legge e la tassatività della fattispecie penale (articolo 25, comma 2 della Costituzione), che impediscono ogni forma di arbitrarietà legislativa o giudiziaria; la presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva (articolo 27, comma 2), che impone al processo penale di svolgersi secondo regole garantistiche; il diritto inviolabile di difesa in ogni stato e grado del procedimento (articolo 24 della Costituzione), che assicura la parità delle parti; il principio di proporzionalità e di necessaria finalizzazione della pena a fini rieducativi, che segna il limite ultimo all’esercizio della potestà punitiva.

In questo senso, sposare il diritto penale significa assumere una duplice responsabilità. Sul piano umano, preservare la capacità di considerare la persona imputata come soggetto di diritti e non come mero oggetto del procedimento, evitando ogni riduzione a “casoastratto. Sul piano giuridico, garantire che la funzione punitiva dello Stato resti ancorata alla legalità costituzionale e convenzionale, vigilando affinché il processo penale non divenga strumento di mera repressione o veicolo di pulsioni securitarie, ma presidio di libertà e strumento di giustizia sostanziale.

Il diritto penale è, per definizione, extrema ratio: strumento da applicare con misura e consapevolezza, poiché esso segna il confine tra la legittima tutela dei beni fondamentali e il rischio di sconfinamento in forme di autoritarismo. Scegliere di percorrere questa via significa accettare il confronto quotidiano con i limiti del potere punitivo e con le istanze, spesso contrastanti, di giustizia sostanziale e legalità formale. È un compito arduo e solenne, che impone al giurista non soltanto competenza tecnica, ma anche equilibrio interiore e fermezza di principi. Sposare il diritto penale equivale ad assumere l’onere di custodire l’equilibrio più delicato dell’ordinamento: quello tra la tutela della collettività e la protezione della dignità del singolo, anche quando colpevole. È una scelta che comporta il rischio di confrontarsi con le manifestazioni più dure del conflitto sociale, ma che, al tempo stesso, rappresenta la più alta espressione della missione giuridica: rendere giustizia senza rinunciare alle garanzie, applicare la legge senza tradire l’umanità, esercitare il diritto senza smarrire la coscienza.


di Camilla Malatino