Il proibizionismo non salverà né i fumatori né l’ambiente né le casse dell’Ue

lunedì 23 giugno 2025


Tanto per cambiare, l’Unione europea sta valutando di introdurre nuove tasse. Questa volta il grande nemico è il tabacco (di nuovo). Prima dell’inizio della grande pausa agostana dei burocrati europei, l’Ue dovrebbe introdurre incrementi notevoli delle tasse che hanno a che fare con vaporizzatori e prodotti a base di tabacco riscaldato. La giustificazione addotta è duplice: da un lato sanitaria, dall’altro ambientale. La verità è un’altra: l’Unione deve battere cassa e ogni scusa è buona. Ma questo nuovo proibizionismo servirà davvero a salvare fumatori e ambiente?  

Ancora una volta, l’Ue deve ergersi a grande ispettore sanitario. La Commissione conta 700.000 morti all’anno per tabacco e l’obiettivo che si pone è quello di creare una “generazione senza tabacco”, prevenendo così tutta quella gamma di malattie correlate al fumo. Per inciso: chi scrive fuma tabacco da pipa solo per diletto e detesta il fumo passivo, all’aperto come al chiuso. Trovo però ancora più insopportabile la politica dei nuovi sceriffi di Nottingham che si ostinano a estorcere il denaro dei più deboli per sovvenzionare il baraccone di Bruxelles con la scusa della salute pubblica.

Sì, perché la maggioranza dei fumatori accaniti difficilmente smetterà di acquistare tabacco e affini, nonostante l’incremento dei prezzi che seguirà (si stima che un flacone da 10 ml di e-liquid costerà almeno 3,60 euro in più dopo quattro anni), e coloro che sono intenzionati a smettere saranno ulteriormente penalizzati.

I prodotti più colpiti saranno quelli che i fumatori solitamente usano come strumento intermedio per smettere del tutto, come Iqos e simili. Questi prodotti offrono una sensazione simile al fumo standard, perché usano vero tabacco, che viene però bruciato a una temperatura più bassa, generando così un vapore che, pur contenendo nicotina, genera livelli inferiori di sostanze nocive rispetto al fumo di sigaretta. Questo dovrebbe aiutare i fumatori a ridurre o addirittura sostituire le sigarette, mantenendo una certa “soddisfazione” sensoriale.

Le nuove tasse no smoke risulteranno controproducenti per almeno tre ordini di ragioni. Anzitutto, se il fumo alternativo diverrà costoso tanto quanto il fumo tradizionale, se non persino più costoso, allora inevitabilmente si finirà per favorire quest’ultimo, perché chi è dipendente dal fumo tenderà sempre a favorire la gratificazione dell’esperienza immediata al disagio dell’astinenza con la promessa di un benessere futuro. Questa, in realtà, è una delle leggi fondamentali dell’economia (cosiddetto principio di preferenza temporale): il consumatore valuta un bene presente più di un bene futuro, perché il primo è concreto e l’altro è dubbio.

Quindi, se il fumo alternativo perde il suo vantaggio economico rispetto a quello tradizionale, il rischio è che venga percepito come inutile o addirittura svantaggioso dal consumatore.

Il secondo ordine di ragione ha a che fare con l’impatto ambientale. Il fumo tradizionale inquina molto di più rispetto al fumo alternativo. Pensiamo a tutti i mozziconi gettati per strada, nei parchi, sulle spiagge. Sono tra i rifiuti più inquinanti e sottovalutati al mondo, a causa di plastiche, metalli pesanti, catrame e altre sostanze tossiche che ‒ si calcola ‒ possono contaminare fino a 1000 litri d’acqua per mozzicone. Il fumo alternativo produce, invece, nessun mozzicone e molta meno cenere.

Il terzo ordine di ragioni è, come al solito, quello che ha a che fare con il mercato nero. Tanto ovvio che imbarazza doverlo ribadire. Se il prezzo del fumo alternativo diviene esorbitante, inevitabilmente vi saranno persone che approfitteranno per vendere prodotti sottobanco, rischiosi perché prodotti senza garanzie né ufficialità. Più il costo di un prodotto aumenta a causa delle tasse, più si favorisce il mercato nero, meno tasse arrivano nelle casse dei signori. Si realizza così quanto la sapienza popolare da sempre insegna con il proverbio “chi troppo vuole, nulla stringe”.

Ci sarebbe da chiedersi a cosa servano le piattaforme di consulenza europea, se i loro studi e analisi vengono poi bellamente ignorati. Questo è esattamente il caso di Clearing the Air, attivisti europei con decenni di esperienza nel campo della riduzione del danno da tabacco. “La Commissione sta ignorando la scienza ‒ così sostiene questa agenzia di advocacy a commento del documento Ue fatto trapelare senza autorizzazione (visualizzabile qui) ‒ punendo i poveri e dando alle voci anti-Ue esattamente quello che vogliono: la prova che Bruxelles è fuori dal mondo e non si preoccupa della gente comune”.

La libertà responsabile è la sola via per un’autentica salute dell’individuo e della società. Lo Stato e Bruxelles non possono sostituirsi alla coscienza dell’uomo, che resta libero anche quando sbaglia. Quando l’errore però proviene dallo Stato, allora diviene ingiustizia.

Se davvero l’Unione europea volesse tutelare la salute pubblica e l’ambiente, senza penalizzare i più deboli né incentivare il mercato nero, dovrebbe abbandonare l’approccio fiscale repressivo e adottare una politica di riduzione del danno basata sull’evidenza scientifica e sui modelli politici efficaci, come quello applicato in Svezia, dove una tassazione più bassa su prodotti a rischio ridotto, congiuntamente a una comunicazione pubblica chiara e un approccio normativo che favorisce il passaggio a prodotti meno dannosi piuttosto che vietare quelli tradizionali, ha fatto sì che si presentasse il tasso di fumatori più basso d’Europa.

Invece di alzare le tasse, si potrebbe incentivare fiscalmente il passaggio dai prodotti più nocivi a quelli a rischio ridotto, sostenere campagne educative libere da ideologie e restituire ai cittadini la responsabilità delle proprie scelte. Certo, non ci sarebbero entrate miliardarie annue nelle casse europee. Che sia questo il vero problema?


di Gaetano Masciullo