giovedì 5 giugno 2025
Giovanni Brusca è libero. Gli sono stati addebitati 150 omicidi, fra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo e la strage di Capaci, in cui muoiono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Infatti, Giovanni Brusca è assurto agli onori della cronaca come il boia di Capaci, il capomafia che aziona il telecomando che innesca l’esplosione il 23 maggio del 1992. A fine maggio 2025 sono trascorsi i 4 anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza, ultimo debito con la giustizia del boss mafioso di San Giuseppe Jato che si è macchiato di centinaia di omicidi e che, dopo l’arresto e dopo un primo falso pentimento, decide di collaborare con la giustizia. In tutto ha scontato 25 anni di carcere. Roventi polemiche seguono la sua scarcerazione e la decisione di sottoporlo alla libertà vigilata. Brusca continuerà a vivere lontano dalla Sicilia sotto falsa identità e resterà sottoposto al programma di protezione. La sua cattura risale al 20 maggio 1996 a Palermo. Le immagini del blitz delle forze dell’ordine e l’esultanza della folla sono rimaste impresse nella memoria. Il pentimento di Brusca (legge voluta anche da Falcone) ha permesso allo Stato di sapere (quasi) tutto della mafia stragista.
Le reazioni alla scarcerazione di Brusca non si sono fatte attendere. A partire da Maria Falcone, sorella di Giovanni Falcone. “Come cittadina e come sorella – afferma – non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”. Maria Falcone ricorda che Brusca “ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa nostra”. Maria Falcone sottolinea che “le confessioni di Brusca hanno contribuito all’arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un’area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero”. Maria Falcone rimarca: “Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone, oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell’acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo, oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia”.
Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta del giudice Falcone, non nasconde il proprio sconforto ed esprime una forte contrarietà. “Ho appreso la notizia della liberazione definitiva di Giovanni Brusca. Lo so bene che è stata applicata la legge ma sono molto amareggiata. Ritengo che questa non sia giustizia né per i familiari né per le persone per bene. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità. Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia sia libero. Mi aspetto che la città si indigni dinanzi a questa notizia. Se è vero che è cambiata. Ritengo che non si possa rimanere indifferenti”.
Anche Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione scintille di futuro, commenta la notizia. “Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca – argomenta – è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l’ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Totò Riina, Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, che negli anni Ottanta e Novanta ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l’Italia”. Pietro Grasso ammette che, “grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Ripeto – aggiunge – quello che ho detto quattro anni fa: con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L’ unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro – prosegue Grasso – è collaborare con la giustizia. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Giuseppe Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime – conclude Grasso – è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto”.
È molto duro il commento di Giuseppe Costanza, l’autista del giudice Giovanni Falcone, sopravvissuto alla strage del 23 maggio 1992. “Queste persone che hanno ucciso anche bambini – afferma – non dovrebbero uscire più di prigione. Sono molto amareggiato. Essere scarcerati dopo 25 anni e magari con qualche vitalizio. E’ un premio? Dovrebbero uscire dalla tomba anche Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro Rocco Dicillo. E invece adesso Brusca ce l’abbiamo in giro. Viva l’Italia. Ecco, adesso festeggiamo la liberazione. È vero, la legge va applicata ma io su questo è meglio che non mi pronuncio. Ribadisco che quando ci sono stragi con tante persone uccise, ci dovrebbero essere giudici più consapevoli. Perché non è corretto che lui sia un uomo libero. Brusca ha scontato 25 anni di detenzione ma chi è morto non torna più in vita”. La reazione di Alfredo Morvillo, fratello della moglie di Falcone, è laconica. “C’ è poco da dire: la legge è questa”. Morvillo accoglie, senza commentarla “in positivo o in negativo” la notizia della scarcerazione definitiva di Giovanni Brusca. “È una vicenda – aggiunge – che sta nell’ordine delle cose. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale”.
di Mino Tebaldi