Fine vita e competenza legislativa

giovedì 3 luglio 2025


L’invalicabilità della riserva statale di fronte all’iniziativa regionale

L’impugnativa proposta dal Governo della Repubblica, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, nei confronti della legge della Regione Toscana numero 16/2025, che disciplina procedure e criteri per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, impone un esame sistematico dell’assetto costituzionale in materia di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Ci si trova al cospetto di una disciplina che, pur collocandosi formalmente nell’ambito sanitario, incide in modo diretto e strutturale su aree di esclusiva attribuzione statale: l’ordinamento penale e civile (articolo 117, secondo comma, lettera l della Costituzione) nonché la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (lettera m). La Corte costituzionale ha da tempo affermato, in via generale, che la garanzia uniforme dei diritti fondamentali impone una riserva statale non soltanto in materia penale e civile, ma anche con riferimento alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie. In particolare, con la sentenza numero 282 del 2002, la Consulta ha chiarito che la determinazione dei Lep costituisce un presidio del principio di eguaglianza sostanziale, essendo volta ad assicurare su tutto il territorio nazionale un nucleo indefettibile di garanzie giuridiche.

In tale pronuncia, la Corte ha affermato che la potestà legislativa statale in materia non può essere alterata o integrata da discipline regionali, neppure sotto il profilo organizzativo, quando da esse discenda un effetto modificativo del contenuto sostanziale delle situazioni giuridiche soggettive. Questo principio è stato ribadito nella sentenza numero 338 del 2003, dove si è precisato che la pretesa regionale di disciplinare aspetti inerenti ai diritti della persona, anche sotto forma di prestazioni sanitarie, non può giustificare l’invasione di ambiti materiali riservati alla competenza esclusiva dello Stato. In tale prospettiva, la Corte ha sottolineato che il riparto delle competenze deve sempre tener conto dell’effettivo contenuto normativo della disposizione e non della sua veste formale. In perfetta continuità sistematica si colloca la sentenza numero 262 del 2016, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione ad ordinamento differenziato Friuli-Venezia Giulia in materia di dichiarazioni anticipate di trattamento. La Corte ha evidenziato che una disciplina regionale che intervenga sul contenuto delle situazioni giuridiche soggettive relative all’autodeterminazione terapeutica, alla relazione di cura e al rapporto medico-paziente, non può essere giustificata nemmeno in forza del titolo regionale in materia sanitaria, poiché incide su profili propri dell’ordinamento civile.

In particolare, è stato affermato che l’introduzione, da parte del legislatore regionale, di forme strutturate di esercizio del consenso informato in vista di trattamenti sanitari futuri costituisce esercizio di una competenza eccedente rispetto a quella riconosciuta alle Regioni, che si limita alla regolazione delle modalità organizzative e gestionali del servizio sanitario.  Analogamente, la sentenza numero 169 del 2017 ha riaffermato che le Regioni non possono configurare diritti soggettivi nuovi o distinti da quelli già previsti dalla normativa statale. Tale principio esclude la possibilità per i legislatori regionali di anticipare il contenuto normativo dei Lep o di incidere sulla struttura dei diritti civili garantiti a livello nazionale. La Corte, a riguardo, ha posto in evidenza che l’uniformità delle tutele fondamentali è condizione imprescindibile per la salvaguardia dell’eguaglianza dei cittadini e per la coerenza dell’ordinamento. Alla luce di questa giurisprudenza, appare evidente che la legge della Regione Toscana non si limita a regolare l’organizzazione del servizio sanitario regionale, bensì istituisce un meccanismo sostanziale e procedurale volto a rendere effettivo il ricorso al suicidio medicalmente assistito.

Essa interviene su presupposti, condizioni, modalità attuative, profili di verifica clinica e responsabilità, realizzando un intervento normativo strutturato che modifica direttamente la configurazione di un diritto soggettivo il cui fondamento è, allo stato, solo parzialmente ricavabile da una sentenza costituzionale additiva di principio (numero 242/2019), priva di efficacia autoapplicativa e rimasta inattuata dal legislatore statale. Proprio la sentenza numero 242 del 2019, lungi dal legittimare iniziative legislative diverse da quella statale, ha chiaramente affidato al Parlamento l’onere di disciplinare la materia mediante un intervento organico e sistematico, ritenuto necessario dalla stessa Corte per evitare la disomogeneità applicativa e per garantire il rispetto dei princìpi di legalità, tassatività e riserva di legge in materia penale e sanitaria. In assenza di una legge statale che definisca i criteri sostanziali e procedurali del suicidio assistito, qualsiasi intervento regionale finisce per determinare una rottura dell’uniformità ordinamentale, una compressione del principio di uguaglianza e una violazione del principio di legalità sostanziale. Ne consegue che la legge regionale toscana, pur ispirata all’intento dichiarato di attuare una pronuncia costituzionale, si pone in oggettiva violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera l e m della Costituzione, nonché del principio di unità giuridica dell’ordinamento, che costituisce architrave del sistema delle garanzie costituzionali.

Il suo impianto normativo configura un’evidente invasione di competenza, in quanto istituisce una disciplina di dettaglio in una materia in cui la titolarità esclusiva della funzione legislativa è riservata allo Stato. In attesa della pronuncia della Corte prevista per i prossimi giorni, è lecito ritenere che la linea di continuità con le precedenti decisioni imponga una declaratoria di illegittimità costituzionale, con riaffermazione del principio secondo cui l’autodeterminazione in materia di fine vita, implicando profili penalistici, civili e sanitari di rilievo primario, deve essere disciplinata esclusivamente a livello statale. La tenuta del sistema delle fonti, la certezza del diritto e la tutela effettiva dell’eguaglianza sostanziale impongono, oggi più che mai, il rigoroso rispetto dei limiti costituzionali alla legislazione regionale.


di Daniele Trabucco e Aldo Rocco Vitale