L’Urbe è di nuovo caput mundi

martedì 20 maggio 2025


Avviso a naufraghi, gufi e disfattisti di vario ordine e grado: l’Italia di Giorgia Meloni è tutto fuorché isolata, come invece le nostrane opposizioni e i cosiddetti “volenterosi” anglo-franco-tedeschi vorrebbero tanto farci credere. L’incontro trilaterale tenutosi nelle scorse ore a Palazzo Chigi alla presenza del vicepresidente degli Stati Uniti d’America JD Vance, della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, e della stessa Giorgia Meloni, testimonia infatti la ritrovata centralità di Roma negli equilibri geopolitici internazionali. Piaccia o meno alle italiche sinistre e ai grigi e freddi eurocrati di stanza in quel di Bruxelles. La conferma di quanto decisivo risulterà il ruolo che sarà chiamata a interpretare l’Italia sulla scena geopolitica globale arriva direttamente dalle parole del vice di Donald Trump, il già citato Vance, che prima dell’incontro di Palazzo Chigi ha ufficialmente riconosciuto a Giorgia Meloni il ruolo di collante nelle relazioni tra Ue e Stati Uniti: “Una delle cose che Giorgia Meloni si è offerta di fare, e il presidente Trump ed io siamo felici di accettare, è quella di costruire ponti tra Usa e Europa”. Del resto, già un mese fa, in occasione della visita ufficiale del presidente del consiglio italiano a Washington, il presidente americano Donald Trump aveva lasciato intendere che il necessario processo di ricostruzione dell’Occidente, oggi tanto caro ai repubblicani Usa, non sarebbe potuto non passare da Roma e da una ritrovata leadership euro-americana nel Mediterraneo.

E se nel nuovo ordine globale pensato dagli Usa l’Italia rappresenterà verosimilmente l’anello di congiunzione idoneo a restituire unità e coesione all’Occidente in vista delle complesse sfide presenti e future che le potenze globali saranno chiamate a giocare, l’azione diplomatica del Vaticano risulterà allo stesso modo cruciale nel tentativo di tessere le agognate tele di pace, prima in Europa, e poi anche nella martoriata regione mediorientale. Sfumato il summit di Istanbul e i diversi tentativi di mediazione compiuti dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, la Santa Sede si propone adesso come attore neutrale in grado di avviare e gestire i colloqui finalizzati al raggiungimento di una pace duratura tra Mosca e Kiev. Dopo l’incontro delle scorse ore tra Leone XIV e Volodymyr Zelensky in occasione dell’insediamento del nuovo pontefice, il Vaticano ha infatti incassato il placet da parte dell’amministrazione Usa e della stessa presidenza ucraina per divenire la nuova sede dei colloqui di pace da promuovere nell’ottica di porre fine al cruento conflitto russo-ucraino, come peraltro confermato dal segretario di Stato americano Marco Rubio: “Il Vaticano è certamente un luogo dove entrambe le parti sarebbero a loro agio”. Adesso, ottenuto il beneplacito degli americani, manca giusto un segnale di apertura da Mosca, che potrebbe peraltro arrivare in tempi brevi, vista anche l’intensità e la frequenza delle interazioni diplomatiche intercorrenti in queste ultime ore tra Donald Trump e Vladimir Putin. Comunque sia, a prescindere da quello che sarà il feedback restituito dal Cremlino, l’attuale posizione della Santa Sede in seno alle trattative di pace appare oggi alquanto rafforzata, e comunque ben distante dal frenetico immobilismo che aveva contraddistinto il recente passato all’interno delle Mura leonine. Insomma, sia di qua che di là del Tevere la musica sembrerebbe drasticamente cambiata: l’Urbe è di nuovo caput mundi.


di Salvatore Di Bartolo