#Albait. L’Europa deve vivere perché in Ucraina si muore

venerdì 2 maggio 2025


L’Ucraina è già Europa. Ha scelto di essere Europa tanti anni fa. Ha confermato di voler essere europea quando ha cacciato Viktor Yanukovich, naturalizzato russo. Fu cacciato perché quell’uomo era la pedina che Mosca voleva usare per avviare l’aggressione all’Ucraina. All’epoca, l’Ucraina era un Paese russofono quasi per la sua interezza. L’aggressione russa la ha trasformata. Le violenze subite, hanno reso forte il sentimento nazionale ed europeo degli Ucraini.

Noi la guerra non l’abbiamo fortunatamente più vissuta dopo il 1945. Non ricordiamo il significato della guerra.

La guerra è arbitrio totale?

In realtà, no. Dopo la Prima Guerra Mondiale lo sgomento per le conseguenze dell’uso dei gas provocò il bando di questo tipo di arma. Prima ancora, la storia edulcorata che abbiamo letto alle elementari di Florence Nightingale, in qualche modo fondatrice della Croce Rossa, spiegava che i feriti e gli ammalati non devono essere colpiti. Nemmeno in guerra.

Lo choc per le ‘marocchinate’ spinse tutti a respingere l’idea che un soldato possa disporre liberamente dei civili, specie se quella disposizione si chiama stupro. Ma a convincere della gravità dei fatti fu soprattutto la condanna, in Giappone, di ufficiali giapponesi per lo ‘stupro di Nanchino’. La guerra di oggi ha una sua civiltà. Che i russi hanno azzerato. Come l’hanno azzerata le sataniche formazioni islamiste.

Della violenza bellica, noi europei abbiamo una memoria bibliografica. Poiché a leggere sono in pochi, e ancor meno sono quelli che ‘vivono’ le letture, le violenze di guerra sembrano dati sputati fuori da un computer.

Al contrario, la perdita del diritto alla libertà del proprio corpo che migliaia di bambini, donne soprattutto, e uomini hanno subito nelle guerre infami di oggi non è compresa.

L’attacco sistematico agli ospedali e ai rifugi, è stata una ripetizione strategica dell’infamia russa. Ai danni degli ucraini.

In Georgia temono che possa ripetersi da loro. In Moldova la paura che quel posto fetido e senza legge che si chiama Transnistria, sotto il controllo russo, possa estendersi a tutto il Paese, è forte. Svezia, Finlandia, Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia sono state direttamente minacciate di invasione.

Noi italiani ci preoccupiamo poco. Eppure, l’Italia vive le fasi di preparazione della guerra russa che è molto lenta, ma c’è. I russi aprono le ostilità con la costruzione di un base avanzata alle spalle del nemico che intendono attaccare. Poi, comincia l’attacco informativo e destabilizzante, con il sostegno a formazioni politiche. Infine, i russi inventano un casus belli. Più è incredibile, più funziona, per loro. Non c’è niente da dimostrare, se l’accusa è inventata di sana pianta.

Oggi ci sono fiancheggiatori russi che cercano di cloroformizzare la coscienza europea. Cercano di dissimulare la violenza che i russi usano in guerra.

La guerra, dal punto di vista individuale e civile, è terribile. Una famiglia è affaccendata a preparare un pranzo o una cena o semplicemente a fare le pulizie di casa. I militari nemici entrano nella casa o nel supermercato e nell’ufficio e picchiano le persone che hanno davanti. Le legano. A qualcuno sparano direttamente. Prendono le cose che hai amato e acquistato perché ti piacevano. Prendono i ricordi più cari della mamma e del papà e li distruggono, perché sono senza valore. Rubano i gioielli, i soldi, le cose che appaiono utili. Poi i soldati o i mercenari rivolgono le attenzioni alle persone che hanno legato. Le spogliano. Le scherniscono. Strappano loro i vestiti di dosso. Le afferrano con le mani e ridono della loro paura. Cominciano con i bambini, perché il terrore dei genitori è che i piccoli possano essere colpiti. Possono usare qualsiasi cosa. La canna del fucile, la pistola, il coltello, per cominciare a violarli. Poi comincia lo stupro. Il miliziano, sporco, volgare, indifferente penetra il corpo della vittima. Se urla, non gl’importa. Se la vittima sviene, la sveglia. E se non si sveglia, l’ammazza. Questo immane rito è ripetuto dalla truppa infame per ogni persona dentro la casa. I bambini sopravvissuti possono essere inviati in Russia come rapiti. Le donne possono essere usate come ‘conforto’. Gli uomini saranno ammazzati o torturati ancora. Sì, anche qualcuno di loro può diventare di ‘conforto’. L’omosessualità esiste anche nell’esercito russo.

Questa è la guerra, dal punto di vista civile. Ed è per questo che gli ucraini combattono. Non hanno alternativa. Quando osserviamo la creazione di basi militari dietro le nostre spalle, dobbiamo capire che il rischio personale che corriamo è la riduzione del proprio corpo a oggetto sessuale, macchina da lavoro o oggetto di tortura. Come normalità.

L’Europa è invece quel luogo dove la violenza fa notizia. Uno stupro a Uppsala è considerato una notizia grave anche a Marsala. Lo sdegno che proviamo per i femminicidi è una diretta conseguenza del nostro amore per la vita. Amore che è vissuto qui, in questo continente. Certo, viviamo mille contraddizioni. Certo, non viviamo nel mondo perfetto. Ma proviamo costantemente a migliorare.

Oggi l’Europa è in pericolo. È attaccata dai russi quotidianamente. La Francia ha respinto centinaia di richieste di visto a presunte spie russe. L’informazione italiana è infiltrata da agenti russi. Si tratta di macchiette televisive che ripetono che “avevano previsto” tutto o che “la Russia non vuole la guerra”. Ma non prevedono nulla. E la Russia la guerra non solo la vuole, ma la fa.

L’Europa è il baluardo della civiltà.

I cento giorni di Trump ci hanno spiegato che gli Usa di oggi vogliono monetizzare l’enorme potere che hanno accumulato nel passato. Non vogliono più pensare al mondo. Rinunciano unilateralmente a influenza e ricchezza. Non è un problema europeo. Il problema europeo è la cura dei nostri affari quotidiani. Per farlo, dobbiamo essere forti. E lo siamo. Ma abbiamo bisogno di una struttura istituzionale che ci consenta di impiegare al meglio questa forza.

L’Europa e la sua forza sono il modo per l’Ucraina di poter vivere, oggi e anche dopo la guerra. L’Ucraina è la rappresentazione di quel che può accadere se l’Europa è nazione o se non lo è.

Non parlo dell’Unione Europea. Essa è un sovrastato senza sovranità. È un’amministrazione pubblica che risponde a sé stessa e ai governi nazionali. Ma non ha una volontà politica unitaria, figlia della sovranità. Il tentativo di trasformare la Ue in Stato fu fatto con i Trattati di Lisbona. Fallì. Le ragioni furono tante. Quella logica e strutturale è fin troppo banale: i trattati sono scritti per costruire un’amministrazione pubblica di controllo ed esecuzione delle volontà nazionali. Ogni minimo equilibrio che sia intaccato mette in pericolo la necessaria imparzialità della Commissione e delle Istituzioni europee.

A noi invece serve un’Europa politica, che nasca da un processo Costituente.

I governi devono convocare un’Assemblea Costituente subito, che possa riunirsi a partire dal gennaio 2026. Quell’assemblea costituente dovrà rappresentare i Parlamenti di tutti i Paesi che vorranno aderire al progetto di un grande e ricco Continente liberal democratico.

È un programma, più che un progetto, che deve essere centrale nelle agende degli Stati. E deve essere avviato subito.

Insieme ad alcune altre persone di grande sensibilità, stiamo cominciando a dare corpo a questa ambiziosa aspirazione del popolo europeo, sia pure composto di tante nazionalità e identità regionali. Il prossimo 8 maggio, nell’aula consiliare di Catania presenteremo questa iniziativa, grazie alla collaborazione con la Presidenza del Consiglio e dell’Assemblea dei Consiglieri.

Partiremo da Catania perché i Trattati di Roma del 1957 furono preceduti dalle riunioni preliminari che si tennero in Sicilia, tra Messina e Taormina.

Da una rubrica come #Albait alla costruzione dell’Europa il passo è più breve di quanto si possa credere. L’idea nasce dalla necessità di creare quella scintilla che porti l’impulso per far girare i meccanismi altrimenti pesanti e faticosi degli equilibri. I popoli sanno velocizzare la storia, se danno un segno forte: uniamoci per chiedere la Costituente europea subito. L’8 presenteremo la nostra lettera aperta e il 9 maggio, giorno della festa d’Europa, speriamo che in tanti potranno cominciare a ragionare sulla scrittura della Costituzione dell’Europa nazione, Stato, federazione. L’obiettivo è dare a ogni cittadino europeo il diritto alla sovranità. Nessuna cessione, ma conquista della sovranità. Ne abbiamo bisogno perché l’Europa di oggi è ricca di cultura, economicamente e anche di pace. Perché è forte.


di Claudio Mec Melchiorre