Ucraina: combattere la corruzione è prova di democrazia

martedì 18 novembre 2025


L’ultimo grande scandalo di corruzione in Ucraina ha attirato l’attenzione internazionale, suscitando comprensibili preoccupazioni. La corruzione è un male che indebolisce qualsiasi Paese, ma ciò che sta accadendo oggi a Kyiv non deve essere interpretato come un segno di fallimento: al contrario, dimostra che le istituzioni ucraine stanno sviluppando gli anticorpi necessari per contrastarla, persino nel mezzo di una guerra esistenziale.

L’Operazione Mida, condotta dall’Ufficio nazionale anticorruzione dellUcraina (Nabu) e dalla Procura specializzata anticorruzione (Sapo), ha smantellato un presunto schema da 110 milioni di dollari basato su sovrapprezzi del 10-15 per cento nei contratti destinati a proteggere le infrastrutture energetiche. L’inchiesta, durata 15 mesi e accompagnata da perquisizioni, intercettazioni e una ricostruzione minuziosa dei flussi finanziari, ha coinvolto figure di primo piano della politica ed economia ucraina, tra cui l’imprenditore Timur Mindyč, un tempo socio in affari di Volodymyr Zelenskyy, e diversi ex ministri ed ex dirigenti statali. Il fatto che nessuno di questi nomi sia stato risparmiato dall’azione giudiziaria non è un segnale di debolezza, bensì di maturità istituzionale: significa che, oggi, in Ucraina nessuno è al di sopra della legge.

È fondamentale non cadere in un equivoco diffuso: la corruzione non è un fenomeno “ucraino”, né “post-sovietico” né “orientale”. Ogni democrazia, dagli Stati Uniti alla Francia al Giappone, fa i conti con scandali di corruzione. La vera differenza sta nella capacità delle istituzioni di scoprirli e perseguirli. In questo senso, il fatto stesso che un caso di tale portata sia emerso grazie al lavoro degli organismi anticorruzione ucraini è di per sé una buona notizia: significa che il sistema funziona. Dal 2014 la lotta alla corruzione è diventata uno degli assi portanti della trasformazione dell’Ucraina, che ha creato istituzioni moderne e indipendenti come Nabu, Sapo e l’Alta Corte anticorruzione e ha registrato uno dei miglioramenti più significativi nell’Indice di percezione della corruzione di transparency international tra i Paesi candidati all’ingresso nell’Ue. Nonostante la guerra, blackout, attacchi missilistici e un’enorme pressione sulle risorse statali, gli investigatori continuano a operare con determinazione, ricostruendo schemi complessi e portando davanti alla giustizia anche persone vicine al potere. L’autonomia stessa di queste agenzie è stata oggetto di tensioni politiche, ma il recente ripristino delle loro garanzie istituzionali da parte di Zelenskyy ha permesso loro di lavorare senza freni, come dimostra la libertà con cui hanno condotto l’Operazione Mida.

La reazione politica è stata rapida: sono state avviate valutazioni di sanzioni contro gli imprenditori coinvolti, alcuni ministri hanno lasciato l’incarico e la prima ministra Julija Svyrydenko ha annunciato un audit su tutte le imprese statali nei settori strategici. La trasparenza non è più percepita come un lusso, ma come parte integrante della sicurezza nazionale. Per un Paese che dipende dal sostegno occidentale, poter mostrare un sistema capace di indagare ai vertici del potere è un segnale potente. In questo contesto, diventa pericoloso lasciarsi trascinare dalle narrazioni tossiche che il Cremlino diffonde con insistenza: “Non aiutate l’Ucraina, è corrotta”. La Russia, che utilizza la corruzione come strumento di governo e di influenza internazionale, resta invece tra i Paesi più corrotti al mondo, mentre l’Ucraina sta facendo esattamente ciò che una democrazia deve fare: individuare i problemi, renderli pubblici, perseguirli. Usare la corruzione come pretesto per ridurre il sostegno a Kyiv significa fare il gioco di Mosca.

La verità è che questo scandalo, pur grave, mostra un Paese che sta maturando, che non nasconde più la corruzione sotto il tappeto e che, nonostante la guerra, continua a costruire lo Stato che vuole essere. L’Ucraina sta combattendo su due fronti: contro l’invasione russa e contro le distorsioni interne. E il fatto che non abbia sospeso la propria battaglia per la trasparenza, nemmeno sotto le bombe, dovrebbe essere visto come un motivo in più per sostenerla, non per abbandonarla.

 

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza


di Renato Caputo (*)