Il 7 ottobre e le fake news dei pro-Pal

lunedì 6 ottobre 2025


La data del 7 ottobre 2023 rimarrà uno spartiacque nella lunga e accidentata storia del conflitto israelo-palestinese. Hamas lanciò all’alba di quel giorno un attacco a sorpresa contro Israele, scagliando tremila razzi in poche ore e infiltrando, sia per terra che per mare, circa 1.500 miliziani provenienti dalla Striscia di Gaza. Fin da subito si comprese che l’obiettivo era quello di colpire la popolazione civile e di prendere un numero più alto possibile di ostaggi. Alla fine della giornata si contarono 1.200 morti e almeno 250 persone sequestrate. Fra questi, anziani, donne, bambini e molti giovani che si trovavano nel deserto del Negev in occasione di un raduno musicale. La cifra dell’assalto si conobbe meglio nei giorni successivi, quando indagini più accurate svelarono, fra cui quelle condotte da Human Rights Watch, tutta la ferocia dell’azione dei terroristi. Infatti, fu appurato che i militanti di Hamas non si limitarono a trucidare cittadini innocenti (le più colpite furono le comunità confinanti con la Striscia, costituite da kibbutz e da moshav) ma fecero scempio delle vittime mutilandone orribilmente i corpi.

Le donne furono stuprate a centinaia. I sopravvissuti hanno raccontato di avere assistito a torture e a violenze fra le più efferate. Il 7 ottobre lo Stato di Israele scoprì, per la prima volta, di non essere invincibile sul terreno della sicurezza dei propri confini. Un’inchiesta interna parlò di “totale fallimento nel garantire la protezione della popolazione civile e di scarsa capacità dell’intelligence nel prevenire il massacro”. La risposta di Israele non si fece attendere. Partì, di lì a poco, una vasta operazione militare nella Striscia per mezzo di bombardamenti massicci con un bilancio ancora aperto nella sua cruda contabilità: vittime a decine di migliaia, con distruzione di edifici, di scuole, di ospedali e di infrastrutture civili. L’obiettivo di due anni fa è rimasto tale ancora oggi: disarmare Hamas, ottenere la liberazione degli ostaggi nelle mani dei terroristi, rendere più sicuro il territorio israeliano da incursioni esterne.

Intanto, si attendono in queste ore gli sviluppi del piano di pace proposto da Donald Trump con gli occhi puntati su Sharm el-Sheikh, sede dei primi colloqui fra Israele e Hamas. Questi finora i fatti. Mentre ciò che sta accadendo in Europa là dove si assiste a un pericoloso ritorno dell’antisemitismo (l’attentato alla sinagoga di Manchester nei giorni scorsi è solo l’ultimo episodio di una lunga catena di odio) è la dimostrazione di quanto sia difficile neutralizzare le false narrazioni intorno agli eventi del post 7 ottobre (alla base delle recenti manifestazioni pro-Pal in Italia dove si esalta spudoratamente quella data come l’inizio della “resistenza palestinese”) e quanto sia profonda l’irrisolta questione israelo-palestinese. Un conflitto esploso nel maggio 1948 con la proclamazione dello Stato di Israele (dopo la risoluzione Onu 181), ma che poggia su radici che affondano nella storia del Novecento e nella contraddittoria gestione di quel territorio, all’indomani della caduta dell’Impero Ottomano, da parte delle potenze europee. Al momento regna sovrana una sola certezza: la crescita pericolosa e irresponsabile dell’antisemitismo.


di Francesco Carella