martedì 23 settembre 2025
Manovre di avvicinamento. La Francia e il principato di Monaco riconoscono la Palestina, mentre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, annuncia un gruppo di “donatori” per la popolazione di Gaza. Tutto questo, nelle ultime 24 ore, all’indomani dell’80ª Assemblea generale delle Nazioni unite. E la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è atterrata a New York, dove domani interverrà al palazzo di vetro. Poi, una lunga sfilza di colloqui bilaterali e incontri con vari leader mondiali, tra cui probabilmente il suo interlocutore più pregiato, Donald Trump. L’arrivo della premier all’aeroporto Jfk della Grande mela è il primo, piccolo passo della partecipazione italiana a uno degli appuntamenti più rilevanti della diplomazia internazionale degli ultimi tempi. Come comunicato da Palazzo Chigi, Meloni assisterà all’apertura del dibattito generale e pronuncerà il suo discorso mercoledì. Mentre “durante le giornate di martedì e mercoledì – precisa la nota ufficiale – sono in programma diversi incontri bilaterali con leader internazionali”.
LE RAGIONI DEL GOVERNO ITALIANO
In attesa dell’intervento di Meloni, l’indirizzo del governo italiano è già stato delineato dal ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, che ha preso parte a una conferenza dedicata alla soluzione a due Stati. “Il messaggio dell’Italia è chiaro: dobbiamo interrompere il ciclo di violenze. Israele deve fermare le bombe. Hamas liberi immediatamente gli ostaggi”, ha dichiarato Tajani. Il ministro ha riaffermato l’opposizione dell’Italia all’occupazione di Gaza e “a qualsiasi idea di trasferimento della sua popolazione”, condannando “con la massima fermezza” gli attacchi terroristici di Hamas contro i civili israeliani. Allo stesso tempo, ha ribadito che l’Italia “sostiene con forza il sogno dei palestinesi di avere uno Stato e continuerà a supportare l’Autorità palestinese (Anp) nella sua azione”.
Secondo il titolare della Farnesina, il futuro della regione passa attraverso “una Gaza liberata da Hamas e riunificata con la Cisgiordania, sotto un’Autorità palestinese rafforzata e riformata”. Per arrivare a questo traguardo, ha aggiunto, “è cruciale raggiungere la liberazione degli ostaggi e assicurare il libero accesso degli aiuti umanitari”. Il ministro ha poi evidenziato l’impegno “operativo e concreto” dell’Italia, che si traduce in forniture di aiuti umanitari, cure mediche per i bambini palestinesi e nella presenza dei carabinieri in Cisgiordania “per addestrare le forze di polizia dell’Autorità palestinese”. Inoltre, ha confermato “il sostegno pieno al dispiegamento di una missione di stabilizzazione a Gaza e di una missione di monitoraggio in Cisgiordania sotto gli auspici internazionali e la bandiera delle Nazioni unite”. Ha concluso Tajani: “Siamo assolutamente convinti che un cammino di pace è ancora possibile, l’unica soluzione per assicurare un futuro di pace e prosperità nel Medio Oriente”.
L’AGENDA DELL’ASSEMBLEA
La high-level week dei capi di Stato e di governo all’Assemblea generale delle Nazioni unite dovrebbe anche celebrare gli 80 anni dalla nascita dell’Organizzazione, voluta nel 1945 dall'allora presidente Usa Harry Truman – erede del progetto di Franklin Delano Roosevelt – e sostenuta da Winston Churchill come architrave di un nuovo ordine internazionale orientato alla pace. Oggi, però, il quadro globale non offre spunti celebrativi. Il segretario generale António Guterres ha descritto l’80ª Assemblea come una sfida, ricordando che “la pace è possibile quando l’umanità è unita” e richiamando al valore di quel “seme di pace” piantato otto decenni fa. Il tema scelto dalla presidente dell’Assemblea, Annalena Baerbock, è “Meglio insieme: 80 anni e oltre per la pace, lo sviluppo e i diritti umani”, con l’obiettivo di rilanciare la cooperazione internazionale in una fase segnata da crisi multiple. Ma le tensioni geopolitiche, dalle provocazioni del presidente russo Vladimir Putin alla stasi dei negoziati tra Kiev e Mosca, rischiano di dominare il confronto. Attesa per l’incontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e Donald Trump, così come per il faccia a faccia tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l’omologo americano Marco Rubio.
Gli osservatori sottolineano il rischio che la settimana di lavori evidenzi ulteriormente il divario tra Stati Uniti e Sud globale, con un’Europa divisa in un caleidoscopio di posizioni e opinioni. Più di 10 Paesi, tra cui Francia, Portogallo, Malta e Regno Unito, intendono utilizzare la vetrina newyorkese per formalizzare il riconoscimento già annunciato della Palestina, seguendo la strada già intrapresa da altri 11 Stati europei, esclusi Germania e Italia. Accanto alle crisi in Ucraina e Gaza, i leader presenti – circa 150 – affronteranno anche il tema delle carestie africane, il dossier nucleare iraniano, la gestione dell’Afghanistan sotto il regime talebano, la lotta al cambiamento climatico e il rispetto dell’Agenda 2030. Non mancheranno riflessioni sulle sfide poste dall’Intelligenza artificiale e sul nodo migratorio, quest’ultimo particolarmente rilevante per il governo italiano.
di Eugenio Vittorio