L’Occidente dell’esclusione come ricetta di pace e potere

venerdì 19 settembre 2025


Ma siamo certi che il modello europeo sia quello giusto? Soprattutto, siamo sicuri che l’Unione Europea non si regga unicamente su una recita, su slogan e pubblicità d’inclusività e benessere?

Ci si pone queste domande perché nell’Europa dell’inclusività e delle belle costituzioni circa il 22 per cento della popolazione Ue, suppergiù 96 milioni di persone, vive in regime d’esclusione sociale: Eurostat (sistema europeo di informazioni statistiche riguardante gli stati membri dell’Unione Europea) li ha inseriti a vario titolo tra i soggetti che per ben noti motivi non potranno più sortire dalla povertà. È noto gran parte degli europarlamentari non sappia nemmeno dell’esistenza di Eurostat (gli italiani non consultano nemmeno i dati Istat), intanto l’Ue parla di suicidio assistito come cura per alleviare ogni dolore, e pochissimi obiettano che, con i tagli al welfare, ben presto ai poveri che s’ammalano s’offrirà solo la morte come medicina. Il potere occidentale di fatto pianifica esclusione e tagli, e mai una mano compassionevole tesa alla gente in difficoltà. Si ragiona su questi aspetti perché per troppo tempo abbiamo creduto la povertà irreversibile fosse retaggio di società orientali e dintorni: rivolgendo così uno sguardo solo ai pariah per tradizione, senza considerare la miserabile povertà in cui versano i cittadini europei; questi ultimi anche costretti a sottostare a regolamenti, assurde corvée, che nessun maragià avrebbe mai pensato d’imporre nemmeno ai sudditi più poveri.

Di fatto la nostra è una società che si regge sull’esclusione sociale, soprattutto che genera esclusione. Il volto sorridente di chi parla di inclusione e politiche d’inclusività va nei fatti a braccetto con chi predica la prevaricazione col sorriso, il tutto condito da meccanismi tesi a persuadere le persone a desistere, ad accettare una “sostenibile” riduzione della platea dei fruitori di beni, di servizi, di opportunità di lavoro. Probabilmente chi davvero comanda in Ue sogna un esercito di pacifici e contemplativi pariah: felici d’aver perso tutto quello che i loro padri avevano costruito negli ultimi duecento anni. Così l’Occidente, che ha tanto criticato le società tradizionali induiste, che basavano sulle caste il loro ordine interno e gerarchico, si sta rivelando propalatore delle più nefande metodiche di blocco dell’ascensore sociale. Ovviamente c’è l’esclusione che colpisce localmente i più (la gente comune), per motivi che vanno dall’economico al fiscale passando per il giudiziario ed il bancario, e quella che tocca le alte sfere della classe dirigente che probabilmente hanno disobbedito ad ordini, od infranto accordi con poteri anche planetari, anche solo non accontentando i pruriti più reconditi di un potentissimo, oppure di punto in bianco divenuti scomodi per troppa intraprendenza. Essì, il mondo è ingiusto e troppo spesso la giustizia è a servizio di coloro che generano esclusione sociale: sentenze e detenzioni parlano da sole.

Circa sette anni fa mi confrontavo con Giulietto Chiesa sul tema dell’esclusione sociale pianificata da importanti gruppi di potere, sia a livello locale (regionale e nazionale) che internazionale (planetaria), nei confronti di individui che avrebbero recato nocumento o non avuto rispetto delle volontà dei rappresentanti delle élite. Ovviamente la maggior parte degli esclusi (quelli finiti in “povertà irreversibile”) lo sono perché non possono far fronte al sovraindebitamento, quindi ritenuti dal sistema non più bancariamente credibili. Chiesa si mostrava molto interessato al discorso. Così analizzavamo storicamente il fenomeno sociale dell’esclusione.

I parallelismi con l’Oriente si dimostravano non pochi: la mente volava d’istinto ai pariah, agli intoccabili ridotti in miseria e sparsi nella grande penisola indiana. Ci ponemmo quindi tante domande su cosa avesse scoperto il padre di WikiLeaks sui pariah d’Occidente: sul processo d’esclusione che nella nostra civile Europa e negli Usa viene comminato a chi contrasta i piani di multinazionali, banchieri, uomini di potere, conciliaboli d’affari. Con Chiesa si concordava sul fatto che l’ipocrisia democratica, di cui è imbevuta la nostra società, non potrebbe permettersi venisse rivelata l’esistenza d’un metodo d’esclusione sociale ben peggiore di quello che in India storicamente colpiva le persone non gradite e per i più svariati motivi, quindi ridotte in infima condizione sociale: all’isolamento rispetto alla maggioranza a cui è concesso l’ascensore sociale.

Ancora oggi, in tutto il mondo il termine pariah viene attribuito a persone di infima condizione sociale, ridotte in una sorta d’esclusione da cui non potranno mai sortire. Nella storica tradizione hindu i pariah erano anche altro: erano gli impuri, persone che esercitavano professioni a contatto con la nascita o con la morte d’un essere vivente, dal medico al macellaio, dal netturbino alla lavandaia; situazione che s’è ribaltata in India negli ultimi cent’anni. Certamente i pariah d’Occidente sono una cosa assai diversa.

Gli antichi pariah, suddivisi in caste e sottocaste, venivano isolati perché non contaminassero con terribili malattie la comunità, soprattutto i membri delle caste superiori, anche solo sfiorandoli con lo sguardo o facendo loro ombra col proprio corpo: vivevano fuori del villaggio e nemmeno utilizzavano strade e fontane pubbliche. Leggende raccontavano che enormi tigri avrebbero cambiato percorso alla sola vista d’un pariah, ed enormi elefanti avrebbero mostrato timore d’imbattersi nei miserabili. Contavano meno dei topi di Karaṇī Mātā, che pare abbiano tolto all’uomo prima la peste e poi l’alluvione, uccidendo prima una malattia e poi bevendo tutta l’acqua. Oggi la Costituzione indiana vieta all’articolo 17 la pratica dell’intoccabilità, soprattutto tutela coloro che hanno subito la condizione di pariah o ancora la subiscono.

Ma nell’Europa dell’inclusività e delle belle costituzioni ci sono 96 milioni di persone a cui potrebbe essere proposto il suicidio assistito, nei Paesi Bassi la cura della povertà è già la morte pietosa.

Ovviamente i livelli d’esclusione sociale sono diversi a seconda dei soggetti che finiscono ai margini, e spesso siamo soliti chiederci come quell’imprenditore o quel potente sia potuto finire in disgrazia. Julian Assange aveva cercato di fornirci delle risposte, anche mettendo in rete come e perché venissero distrutte delle realtà economiche per tutelare interessi finanziari della nota élite. Il risultato è ormai sotto gli occhi di tutti, chi nel mondo dell’informazione o della politica ha divulgato a vario titolo i documenti di WikiLeaks ha poi subito persecuzioni ed esclusione. Qualcuno obietterà che nel mondo degli uomini è sempre andata così: ci verrà detto che dobbiamo ricordarci dei Pazzi nella Firenze medicea, che si macchiarono d’aver congiurato contro il signore della città; così parenti ed amici dei Pazzi subivano ogni forma di persecuzione, dal carcere alla galera, e sui loro discendenti cadeva sempiterna esclusione sociale.

L’elenco dei socialmente esclusi locali o nazionali è consultabile dai controllori di sistema su ogni banca dati: agenzie delle entrate, banche, prefetture, tribunali, multinazionali finanziarie ed immobiliari accedono ai dati di ogni singolo individuo occidentale, scoprono come se la passa, se è un socialmente escluso o riesce ancora a sbarcare il lunario. Così le agenzie fiscali e le banche rinunciano ad inseguire chi ha perso tutto: quindi si rifanno delle perdite cagionate dai poveri caricando spese, competenze e costi su chi ancora tira la carretta. È il sistema delle compensazioni, le società energetiche rinunciano a perseguire i nullatenenti che rubano corrente e gas ma riversano le perdite sui piccoli proprietari d’immobili e su chi ha reddito certo; lo stesso metodo viene operato dalle banche come dal fisco su clientela e base imponibile certa.

Ma Assange probabilmente era andato oltre, arrivando anche a scoprire l’elenco delle personalità internazionali prima rovinate e poi escluse dalle élite di potere. La domanda che oggi ci poniamo è se WikiLeaks avesse uno specifico elenco predefinito, o semplicemente fatto riferimento a persone e gruppi che non hanno più accesso o voce nel processo decisionale della società.

L’ “escluso dai potenti” è un concetto antico che noi occidentali facciamo risalire alla mitologia greca: quando la dea Eris, personificazione della discordia in contrasto con le figure di virtù e prudenza, lavorava a gettare disgrazia anche sui migliori, i più onesti e morigerati.

Veniva scatenato su Julian Assange un acceso dibattito, inimmaginabile per un tempo di libertà com’era il nostro di una decina d’anni fa: il fondatore di WikiLeaks accusato di spionaggio, con il rischio di una pena di oltre 175 anni di carcere, o addirittura la sedia elettrica qualora instradato negli Usa. WikiLeaks riceveva critiche per il semplice possesso di documenti ed elenchi, soprattutto per il potenziale pericolo che la pubblicazione avrebbe causato ai decisori del Pianeta, ai potenti della Terra.

Le persone socialmente escluse sono individui o gruppi che si trovano in una posizione marginale, periferica nella società: esclusi dai processi sociali e dalla partecipazione attiva alla comunità. Ma Assange non avrebbe mai pubblicato elenchi di senza fissa dimora, di persone con disabilità, di detenuti o ex-detenuti, di persone con dipendenze o di anziani, di immigrati o minoranze etniche, di disoccupati o di famiglie svantaggiate. Assange con molta probabilità aveva l’elenco di coloro che, esclusi per volere dell’élite, avrebbero voluto tornare ad aver accesso o voce nel processo decisionale. Persone che per rientrare in gioco si sarebbero macchiate dei più nefandi crimini: avrebbero preso parte a “liturgie” indicibili sull’isola di Jeffrey Epstein. Ritualità di rientro in gioco che probabilmente prevedevano (forse è ancora così) violenze su minori e donne, traffico d’organi, collaborazioni con traffici internazionali e l’entrata in gruppi che organizzano morte, epidemie, carestie.

Ma il popolo a conti fatti è una massa sempliciona, gente che reputa un potente possa loro cambiare il destino. Per il bene del Pianeta c’è chi decide si debba mantenere il segreto, e dare colpa al solo Fato di sventure ed esclusione.


di Ruggiero Capone