Tunisia-Iran: un asse antioccidentale

venerdì 19 settembre 2025


La deriva autocratica che il presidente tunisino Kaïs Saïed sta marcando dalla modifica costituzionale imposta dal luglio 2022, tramite un referendum costituzionale gestito con le consuete manipolazioni, ora assume un ulteriore significato dopo l’avvicinamento al regime iraniano degli Ayatollah. Questo avviene in un momento in cui Saïed mantiene relazioni tese con l’Occidente, nonostante la diplomazia italiana sia impegnata su questo fronte per chiari motivi anche legati alla migrazione, e in un contesto dove senza troppi clamori sta stringendo legami sempre più stretti con la Russia.

Tunisia e Iran hanno ufficialmente iniziato a incontrarsi a marzo 2024 ad Algeri, durante il vertice dei paesi esportatori di gas. In questo ambito, dove erano presenti i leader delle potenze produttrici di gas, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, tre mesi prima della sua morte (19 maggio 2024), ebbe il primo confronto con Saïed. Poi il presidente tunisino fu presente al funerale di stato di Raisi a Teheran dopo che l’elicottero dove volava, vicino al confine con l’Azerbaigian orientale, precipitò per cause mai rivelate ufficialmente. Un nuovo slancio nelle relazioni si ebbe a febbraio 2025, quando i due Paesi, dalla cultura non particolarmente affine, si incontrarono a Sidi Bou Said, nel nord della Tunisia, al palazzo Ennejma Ezzahra per la settimana culturale tunisino-iraniana, ipotizzando, in questa occasione, anche l’esenzioni per gli iraniani del visto per l’ingresso in Tunisia. Qui, il governo di Tunisi si espresse in difesa della sovranità dell’Iran a seguito della guerra dei 12 giorni con Israele. Segnali inequivocabili che hanno disegnato un netto cambiamento dei rapporti tra questi due governi i cui legami sono stati sempre marginali.

Insomma un avvicinamento dalle caratteristiche antioccidentali, visto il quadro geopolitico attuale, e che ha avuto un ulteriore rafforzamento il 10 settembre al Palazzo di Cartagine, quando Saïed ha ricevuto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, confermando il programma di cooperazione tra Tunisi e Teheran. Dal documento reso noto dopo l’incontro si evidenziano i temi trattati, come l’attacco israeliano in Qatar, la situazione catastrofica di Gaza e della Palestina, e ovviamente non è mancata la questione del “genocidio”, e i crimini perpetrati dal “regime sionista” nei territori palestinesi occupati. Mohamed Ali Nafti, anche ministro degli Affari esteri tunisino, nell’incontro con l’omologo iraniano Araghchi, ha tracciato la linea delle cooperazioni nell’ambito del commercio, dell’economia, della scienza, del turismo, disegnando insieme le linee strategiche per un futuro di solida collaborazione. Essenzialmente sono state applicate due decisioni strategiche: l’eliminazione dell’obbligo di visto per l’ingresso in Tunisia dei cittadini iraniani e la contestuale apertura di un volo diretto Tunisi-Teheran.

Perché Saïed si sta avvicinando al governo degli Ayatollah? Questo tracciato apparentemente strategico non si configura come un normale scambio di utilità ma rivela una strategia che può essere giustificata esclusivamente con l’assumere una posizione chiara nel quadro dei pesi geopolitici che si stanno definendo. Un avvicinamento all’Iran, cobelligerante soft della Russia, e Paese inserito nel Brics+, presente anche al summit di Shangai, traccia una chiara posizione della Tunisia nella bilancia geopolitica. Altra questione da valutare è quale convenienza può avere Tunisi dal collaborare con Teheran? I vantaggi economici sono illusori: un partenariato con un Paese che si supporta solo su una strutturale economia di guerra, come quella iraniana, non può garantire né continuità commerciale, né una stabilità politica con orizzonte lungo. Infatti e in realtà, gli attuali scambi economici tra Tunisia e Iran sono praticamente assenti.

Inoltre, anche aprire voli tra i due Paesi senza studi di fattibilità inquadrati in una redditività, non appare minimamente organico ai bisogni economici tunisini, tantomeno iraniani. E anche se questa tratta potesse essere aperta, la compagnia Tunisair è gravata da un deficit mastodontico e da una cronica carenza di aeromobili. Considerando che già fatica a mantenere i suoi servizi regionali, e internazionali limitrofi. Non immagino nemmeno che la politica iraniana, cronicamente ossessiva sul controllo sociale, possa essere indulgente nel concedere ai propri connazionali di recarsi in vacanza in Tunisia, tantomeno i tunisini verso l’Iran, perennemente in gravi difficoltà nel mantenere sotto controllo le ribellioni interne. Inoltre, il clima politico e i forti rischi per la sicurezza farebbero desistere i tunisini dal recarsi in Iran, anche perché avere un visto per l’Iran potrebbe compromettere il successivo ottenimento di un visto Schengen o per gli Stati Uniti. Dal punto di vista dei rapporti su base scientifica e medica, molto pubblicizzati, restano solo propaganda politica.

Certamente la Tunisia correrà il concreto rischio di un isolamento diplomatico. l’Iran è sotto osservazione e sanzionato da parte dell’Occidente, gli Stati Uniti sono il principale partner della Tunisia in termini di sicurezza, e in questo caso stanno sorvegliando rigorosamente queste relazioni. La visione manichea di Donald Trump non ci metterebbe molto a collocare la Tunisia tra i Paesi non affidabili perché vicina all’Iran, quindi chiudere “l’ossigeno a Saïed”, che già è abbastanza affannato. Il deputato Usa Joe Wilson, a inizio anno, ha chiesto la sospensione degli aiuti militari statunitensi alla Tunisia, a causa dell’avvicinamento a potenze ostili come Iran, Russia e Cina. Quindi un avvicinamento di Tunisi a Teheran, per avere solo qualche dichiarazione di amicizia, equivale a mettere le basi per un suicidio politico a livello internazionale-occidentale, considerando che circa la sicurezza e la cooperazione economica, gli Usa e l’occidente sono partner vitali.

Infine esiste tra i due Stati un divario confessionale drastico; la Tunisia è in maggioranza sunnita e ha sempre deprecato lo sciismo, di cui l’Iran è la nazione madre. Il regime teocratico degli ayatollah impone severi divieti alle libertà individuali, soprattutto alle donne, ciò contrasta con la cultura politica e religiosa della tradizione progressista tunisina, strutturata dall’ex presidente Habib Bourguiba (1903-2000) e rafforzata con l’applicazione del Codice dello Statuto Personale, Majalla al-ahwal al-shakhsiyya (1956). Un cambiamento diplomatico che avvilisce anche molti politici tunisini. È soprattutto la società civile a mobilitarsi con prese di posizione di accademici, di attivisti per i diritti umani, incontri della società civile, che denunciano queste relazioni come il tentativo di assassinare l’identità tunisina.

Saïed è indubbiamente conscio che certe realtà sociali si governano più facilmente con l’autoritarismo, ma la Tunisia è verosimilmente in bilico su un baratro, e inimicarsi l’Occidente a favore del piatto della bilancia geopolitica che sta pendendo verso “oriente” o verso l’antioccidente, potrebbe causare la spinta definiva verso l’abisso.


di Fabio Marco Fabbri