D’Alema alla parata del Dragone

venerdì 5 settembre 2025


Ci sono immagini che non solo valgono più di mille parole, ma che urlano una verità scomoda, unipocrisia stridente che squarcia il velo delle convenienze diplomatiche. Una di queste è la recente apparizione di Massimo DAlema alla parata militare cinese.

Non una semplice visita istituzionale, non un convegno accademico, ma la plateale presenza di un ex presidente del Consiglio italiano, di un ex ministro degli Esteri, di un uomo che per decenni ha incarnato una parte (o presunto tale) della sinistra italiana, sul palco donore di una parata che celebra la potenza militare di una dittatura. La domanda non è se fosse opportuno, ma piuttosto: che diavolo ci faceva lì?

IL FANTASMA DEL POTERE: RUOLI E CONTROSENSI

Massimo DAlema non è un pensionato qualsiasi in gita turistica. Il suo curriculum è intriso di ruoli chiave nella Repubblica: segretario del Pds, presidente del Consiglio, ministro degli Esteri. Queste cariche gli conferiscono, o dovrebbero conferirgli, un senso di responsabilità e una consapevolezza geopolitica che trascendono la vita politica attiva. Non si dismette la statura di statista come si dismette un abito usato.

Eppure, eccolo lì, il DAlema grande tessitore della politica italiana, a fianco di gerarchi di un regime che calpesta i diritti umani, che minaccia Taiwan, che reprime Hong Kong e perseguita minoranze etniche. Che tipo di messaggio invia la sua presenza? E soprattutto: a nome di chi? Di quale Italia?

LO SCENARIO INTERNAZIONALE E LA CECITÀ VOLONTARIA

Il contesto in cui si è consumato questo spettacolo è tuttaltro che neutrale. Il mondo è un campo minato di tensioni. La guerra in Ucraina infuria, lombra di un conflitto in Medio Oriente si allunga, le democrazie occidentali sono sotto pressione costante, anche per via delle mire espansionistiche e autoritarie di potenze come la Cina. In questo scenario, lItalia, membro della Nato e dellUnione Europea, dovrebbe essere un baluardo di valori e principi.

La presenza di DAlema a quella parata non è solo un errore di valutazione, è un vero e proprio schiaffo a questi valori, una strizzata docchio imbarazzante a chi, in questo momento, è lantitesi di tutto ciò che lOccidente dovrebbe rappresentare.

L’OPPORTUNITÀ MANCATA (O VOLUTAMENTE IGNORATA)

Si potrebbe obiettare: rapporti diplomatici, dialogo, necessità di non isolare nessuno. Sciocchezze. Ci sono luoghi e momenti per il dialogo, e ci sono limiti oltre i quali la presenza diventa complicità. Una parata militare è lesaltazione della forza bruta, della supremazia, non un tavolo di trattative. Lopportunità, se mai ve ne fosse stata una, era quella di marcare una distanza, di ribadire limpegno dellItalia per la democrazia e il rispetto dei diritti.

Invece, DAlema ha scelto di sedersi al banchetto, conferendo con la sua mera presenza una patina di rispettabilità a un regime che non la merita.

LE VERITÀ NON DETTE (E QUELLE CHE GRIDANO VENDETTA)

Dietro la posa compassata e il sorriso appena accennato, quali verità si nascondono? Che tipo di affari o relazioni giustificano una simile ostentazione di vicinanza?

È forse lennesimo capitolo di quellapolitica estera parallela che tanti danni ha causato allItalia in passato? O è semplicemente la prova che certi personaggi, una volta scesi dal treno del potere ufficiale, continuano a cercare un palcoscenico, non importa a quale costo etico o politico?

La verità, non detta ma lampante, è che la presenza di Massimo DAlema a quella parata è un atto gravissimo. Un atto che mina la credibilità dellItalia, che confonde le acque in un momento delicatissimo e che, soprattutto, dimostra una sconcertante incapacità di leggere la storia e di schierarsi, senza ambiguità, dalla parte giusta.

Un vero e proprio autogol, lennesimo, di un uomo che sembra non aver mai compreso che il vero statista non è quello che siede a ogni tavolo, ma quello che sa scegliere con coraggio e dignità quali tavoli rifiutare.


di Alessandro Cucciolla