mercoledì 27 agosto 2025
Gli Stati Uniti si sono detti pronti a fornire risorse di intelligence e supporto operativo sul campo a un piano di sicurezza occidentale per l’Ucraina nel dopoguerra, e a partecipare a uno scudo di difesa aerea a guida europea, che includerebbe una no-fly zone. Lo scrive il Financial Times. Il progetto, elaborato dalle capitali occidentali, prevederebbe la creazione di una zona smilitarizzata, pattugliata da forze di pace neutrali provenienti da un Paese terzo scelto congiuntamente da Kiev e Mosca. Dietro questa fascia, un confine fortificato e difeso da truppe ucraine armate e addestrate dalla Nato. Più all’interno, una terza linea di difesa sarebbe garantita da una forza di deterrenza guidata dall’Europa.
Secondo quanto riferisce il quotidiano britannico, citando funzionari europei e ucraini, alti rappresentanti statunitensi hanno comunicato ai loro omologhi europei la disponibilità di Washington a mettere a disposizione “abilitatori strategici”, tra cui intelligence, sorveglianza e ricognizione, comando e controllo e risorse di difesa aerea, per sostenere un eventuale dispiegamento europeo sul terreno. La coalizione di Paesi volenterosi, guidata da Regno Unito e Francia, ha già promesso garanzie di sicurezza per l’Ucraina del dopoguerra, con l’obiettivo di scoraggiare future aggressioni russe. Ma, secondo fonti diplomatiche, qualsiasi missione potrebbe realizzarsi soltanto con il sostegno americano, indispensabile per autorizzare, supervisionare e proteggere le truppe europee. Washington fornisce già a Kiev sistemi Patriot, ma il sostegno postbellico comprenderebbe anche aerei da combattimento, logistica avanzata e radar terrestri per rendere possibile l’imposizione di una no-fly zone e di uno scudo aereo europeo.
In caso di accordo di pace, le capacità statunitensi di intelligence e comando consentirebbero il monitoraggio satellitare di un eventuale cessate il fuoco e una gestione coordinata delle forze occidentali. L’offerta americana, emersa negli ultimi giorni in colloqui tra funzionari della sicurezza nazionale e vertici militari degli Stati Uniti e dei principali Paesi europei, resta però subordinata all’impegno delle capitali europee a dispiegare in Ucraina decine di migliaia di soldati. Le fonti precisano che il Pentagono esclude l’invio diretto di proprie truppe. Altri membri dell’amministrazione Trump, incluso il segretario alla Difesa Pete Hegseth, esprimono dubbi sulla partecipazione americana a garanzie di sicurezza postbelliche, temendo che ciò possa trascinare gli Stati Uniti in un nuovo conflitto.
Andriy Yermak, il capo di Gabinetto del presidente ucraino, ha confermato le informazioni riportate dal Financial Times: ogni Paese della coalizione fornirà un contributo differente, “e alla fine il quadro sarà un mix di sostegno militare, politico ed economico”. Le trattative, ha aggiunto, hanno riguardato la possibilità di schierare “quattro o cinque brigate europee sul terreno, fornite dalla coalizione dei volenterosi, più abilitatori strategici dagli Usa”, sottolineando che ciò rappresenta “un grande cambiamento rispetto alla primavera”.
INTERVISTA ALL’AMBASCIATORE TAYLOR: LA BRUTALITÀ RUSSA HA “UNITO GLI UCRAINI”
La popolazione è unita “come non era mai accaduto prima”. A dirlo è l’ex ambasciatore americano a Kiev, Bill Taylor, in un’intervista al Quotidiano Nazionale. Taylor, che ha rappresentato Washington in Ucraina dal 2006 al 2009, ha spiegato: “All’epoca gli ucraini erano divisi tra chi guardava a Bruxelles e chi a Mosca. Quando sono tornato nel 2019, le cose erano già mutate. L’aggressione del 2014 aveva spostato l’opinione pubblica nettamente verso l’Europa. E con la nuova invasione del 2022 la frattura si è composta”. Riguardo alle mosse della Casa Bianca, l’ex diplomatico ha osservato che Donald “Trump ha chiarito che non intende più chiedere al Congresso nuovi fondi per armare l’Ucraina. Tuttavia, ha introdotto una politica che consente a Kiev e agli europei di rifornirsi da aziende statunitensi”.
Per garantire la solidità di un cessate il fuoco, Taylor sostiene che servano “soldati sul terreno. Non bastano delle firme su una carta come il Memorandum di Budapest del 1994, che infatti non ha funzionato. Gli ucraini non lo accetterebbero. La coalizione di Paesi disposti a intervenire militarmente può offrire una protezione credibile. Ma la garanzia più forte resta la Nato”. E ha aggiunto: “non tutti i Paesi sono pronti ad accettare l’Ucraina oggi, ma le cose possono cambiare”. Infine, ha indicato una linea rossa invalicabile: “non bisogna riconoscere le conquiste territoriali russe. Sarebbe un premio all’aggressione e un pericolo per l’ordine internazionale”.
di Redazione