Etiopia-Egitto: Diga Gerd, una contesa insanabile

lunedì 14 luglio 2025


In Etiopia, la più grande diga del continente africano, la Gerd, Grand ethiopian renaissance dam, “Diga del Rinascimento”, sarà inaugurata a settembre. L’opera, che ha assorbito un investimento stimato di 4,8 miliardi di dollari, costruita dall’imprese italiane Salini-Impregilo (Webuild), produrrà a regime quasi 6.500 megawatt di potenza centrali nucleari, come Flamanville in Francia, producono 1.650 megawatt – ha le dimensioni di 1.780 metri di lunghezza, 155 metri di altezza, un invaso, al riempimento, di 74 miliardi di metri cubi d’acqua. Sarà il più grande serbatoio di acqua del continente africano, e ha iniziato a generare elettricità dal 2022.

Tuttavia, la sua enormità è direttamente proporzionale alle criticità che sta causando con gli Stati a valle della diga, ovvero Sudan ed Egitto. Ma se con il confinante Sudan, anche a causa del dramma umanitario e la crisi politica che sta vivendo il Paese, la questione diga l’Etiopia la può gestire, più complesso è farlo con l’Egitto. Il primo ministro etiope, Abiy Ahmed Ali, il 3 luglio ha annunciato il completamento della controversa diga idroelettrica sul Nilo che vedrà l’inaugurazione a settembre. Ma la costruzione dell’invaso, iniziata nel 2011, ha sollevato sin dai primi scavi le pesanti critiche e minacce dell’Egitto che ritiene, a mio avviso con molte ragioni, che la gestione delle acque del Nilo, tramite questa diga, possono diminuire la portata del fiume nel tratto egiziano;. Questa riduzione in realtà è già in atto, per ora fonti cairote rivelano di circa il 10 per cento. Hani Sweilem, ministro egiziano per l’Irrigazione, ha definito la diga una minaccia esistenziale per il Paese, il più popoloso del mondo arabo, e che dipende quasi interamente dalle acque del Nilo, sia per i suoi oltre 115 milioni di abitanti, sia per l’approvvigionamento idrico per l’agricoltura. Inoltre ha replicato alla dichiarazione di Abiy Ahmed affermando che l'annuncio dell’inaugurazione della Gerd è illegale e viola il diritto internazionale. Sweilem, durante un incontro con gli ambasciatori del suo Paese, organizzato giovedì scorso, ha ribadito il categorico rifiuto del Cairo di accettare la politica etiope di imporre, unilateralmente, il fatto compiuto relativo al Nilo. Ha aggiunto che l’avere continuato la costruzione della Gerd, nonostante non avesse ottenuto nessun accordo con i Paesi a valle dell’invaso, e nonostante le effettive riserve espresse sia dall’Egitto che dal Sudan, apre nuovamente una criticità profonda nelle relazioni bilaterali.

Comunque, il ministro egiziano dell’Irrigazione ha anche ribadito la volontà di impegnarsi politicamente affinché si possa raggiungere un accordo con Addis Abeba che si basi sulla legalità e sui vincoli relativi allo sfruttamento della grande diga della rinascita, condizioni che garantirebbero interessi condivisi e impedirebbero danni ai Paesi a valle dell’invaso. Tuttavia, ha anche affermato che gli sforzi fino ad ora profusi e che si protraggono da oltre 13 anni, dimostrano la mancanza di volontà politica dell’Etiopia di raggiungere una risoluzione condivisa. È comunque evidente che l’Etiopia cerca di imporre l’egemonia idrica anziché il partenariato e la cooperazione con i Paesi interessati. Questo atteggiamento è in linea con la sua politica applicata anche con i Paesi vicini come l’Eritrea e il Somaliland, ma anche con la sua regione del Tigray, interessati dalla “vena imperialista” che Abiy Ahmed cerca di portare avanti. Di fatto, Addis Abeba contesta quanto affermato dal Cairo, insistendo sul fatto che non ha bisogno di permessi stranieri per costruire la diga, che ritiene essenziale per il suo sviluppo. Una applicazione pratica del concetto di “sovranismo con approccio federale”, un sovranismo non legato al concetto tradizionale del termine, ma da leggere incastonato nel contesto socio-politico-culturale del Paese.

Tuttavia, l’annuncio del primo ministro etiope circa l’inaugurazione della Gerd a settembre, ha anche sollevato perplessità all’interno dell’Assemblea parlamentare federale etiope, in quanto alcuni ritengano che i lavori debbano essere fermati prima di quella data; ipotesi scartata da Ahmed. Sulla diga sono stati fatti quattro incontri dove erano presenti i tre stati interessati: Egitto, Sudan, Etiopia. Il quarto e ultimo vertice è stato organizzato alla fine del 2023, con lo scopo di raggiungere velocemente un accordo sulle norme per il riempimento e il funzionamento della diga, ma si concluse con un fallimento completo. In una recente intervista all’emittente televisiva saudita Arabiya.net, il viceministro degli Esteri egiziano per gli affari del Sudan, Yasser Sorour, ha affermato che gli sforzi diplomatici circa la diga Gerd non si sono fermati e che l’Egitto continua ad avere contatti internazionali per spiegare la gravità ed i rischi a livello tecnico e politico che causerà il riempimento dell’invaso ed il suo avvio a regime. Considerando la questione esistenziale per l’Egitto, legata quindi all’esistenza stessa e al benessere del popolo egiziano.

La conclamazione del decennale rischio di una Guerra dell’Acqua tra Egitto ed Etiopia? Attualmente nel pianeta sono in atto oltre 300 conflitti per il controllo dei flussi fluviali o dei bacini di acqua dolce – in alcuni casi anche per sbocchi al mare. Di questi, oltre 20 sono caratterizzati da criticità geopolitiche. La questione della diga Gerd è uno di questi, forse quello con maggiore pericolo, anche alla luce dell’affermazione egiziana che promette di non permettere che tale impianto entri pienamente in funzione. La minaccia, già manifestata, è bombardare la diga, ma ora essendo al colmo, un suo danneggiamento sarebbe catastrofico per il Sudan e lo stesso Egitto. Oltre all’innesco di una guerra tra il più forte esercito dell’Africa, quello egiziano, e l’esercito etiope decisamente molto ben preparato ed esercitato.


di Fabio Marco Fabbri