mercoledì 2 luglio 2025
Come sta l’Occidente? Piegato in due dal colpo della strega (trumpian-putiniana). A quanto pare, la nuova Amministrazione americana, fintamente isolazionista perché pronta a fare affari vantaggiosi con tutti, purché sia solo lei a guadagnarci, ha avviato una sorta di doppio decoupling su ben due continenti, la Cina e l’Europa. In quest’ultimo caso, facendo la gioia di Vladimir Putin, per il quale la funzione di Donald Trump è di essere il Terminator dell’Occidente. Con l’evidente, ostentata disattenzione (se non accondiscendenza) dell’America, lo zar punta sulla resilienza russa, storicamente ben più tenace di quella europea, nella speranza di disarticolare la solidarietà dei Paesi membri della Ue che sostengono l’Ucraina, perché, secondo Putin, le democrazie sono come le stelle cadenti che si spengono “toccando terra” subito dopo le elezioni. Del resto, dall’inizio della guerra il Cremlino ha sempre sfruttato i tempi lunghi e incerti del cessate il fuoco per tirare indefinitamente alle lunghe i negoziati con l’Occidente. Si veda quanto accaduto dopo la guerra in Georgia del 2008 e gli Accordi di Minsk del 2014 mai rispettati da Mosca! Se per gli europei la cessazione delle ostilità è un passo verso la pace, per Putin, al contrario, è solo un artificio per prolungare la guerra: congelare un conflitto, insomma, per poi ravvivarlo a suo piacimento, approfittando delle pause in modo da ripartire all’assalto più forte e meglio organizzato di prima.
La telefonata. Trump-Putin del 19 aprile e quella recente sull’Iran sono state altrettanti specchietti per le allodole nei confronti degli europei, tenuti fuori dai colloqui diretti, in modo da garantire a Trump il massimo margine di manovra per ottimizzare i suoi interessi personali e quelli degli Usa, rinunciando a fare pressioni su Putin per la cessazione delle ostilità in Ucraina. Quest’ultimo, fondamentale aspetto, è stato rimesso da Trump ai colloqui diretti tra i due contendenti, individuando per l’occasione (non si sa con quanta ironia) la Santa Sede per l’eventuale mediazione del conflitto. Opzione, come d’obbligo, caduta poi nel vuoto. Come si vede, una presa in giro clamorosa per la Ue e per il Vaticano, anche a seguito della dichiarazione del solito portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, che ha rifiutato con cauta fermezza la mediazione di Papa Leone XIV, con la scusa che russi e ucraini sono di comune fede ortodossa, ignorando così l’incontro già avvenuto tra Volodymyr Zelensky e il nuovo Papa per porre fine al conflitto. Trump, si è finalmente capito, punta alla normalizzazione dei rapporti con Putin, in vista di una cooperazione largamente vantaggiosa per entrambi, sia per lo sfruttamento degli immensi giacimenti di materie prime del Grande Nord (Siberia, Groenlandia), sia per la risoluzione dei conflitti internazionali. Al tutto, già largamente sfavorevole, si somma il ridicolo di un’alleanza dei volenterosi che, alla fine, non riesce a mettere in campo più di 5mila soldati in assetto di combattimento per le future truppe di interposizione (Putin non le autorizzerà mai, nemmeno sotto l’egida di una screditatissima Onu), da dislocare lungo una linea del fronte lunga migliaia di chilometri.
Del resto, l’ambasciatore Usa presso la Nato è stato chiarissimo, quando ha dichiarato che mentre la Russia è il problema più serio per l’Europa, la Cina è quella che preoccupa prioritariamente l’America. Ma, il vero punto di rottura nelle relazioni euroamericane è rappresentato dall’ipotesi della cancellazione delle sanzioni Usa contro la Russia e del suo rientro nel G-8, fatto che di per sé provocherebbe il crollo elettorale dei governi europei pro-Ucraina, e l’unica cosa che resterebbe in piedi, in tal caso, sarebbe il sostegno economico-finanziario all’industria degli armamenti “Ucranian-made”. Così, mentre l’Europa rischia di non avere più né soldi, né esercito (si veda la penosa sceneggiata sul riarmo europeo e la difesa comune) e nemmeno il suo alleato storico dalla sua parte, ben al contrario Putin si rafforza su tutti i fronti, con particolare riferimento al Global South. Anche perché, dietro la sua facciata neutrale, la Cina continua ad appoggiare e armare la Russia, vanificando tutte le speranze sia della Ue che di Trump di distanziare Putin da Xi Jinping. E altrettanto fa l’Iran, contrabbandando il petrolio russo in giro per il mondo, e rifornendo Mosca di missili e droni. Anche se la Russia ha giocato a fare il Pilato della situazione, in occasione dell’attacco americano ai siti nucleari iraniani, nella speranza di avere mano libera in Ucraina. Prova ne sia il recente martellamento missilistico su Kiev, al quale sono venute meno le difese dei Patriot, per i ritardi americani nella produzione dei missili. Idem per i Paesi del Golfo, che rafforzano i propri legami con la Russia, malgrado la sua guerra di aggressione. I timori degli esperti occidentali riguardano questa nuova modalità/normalità dell’economia bellica da parte del regime putiniano, che può sopravvivere ancora a lungo mantenendo in piedi un nuovo, immenso complesso militar-industriale in cui oggi lavorano milioni di addetti ben remunerati. E questo rappresenta già di per sé un gigantesco “Fattore-K” per la sicurezza in Europa.
La scelta di militarizzazione l’economia russa è infatti paragonabile a quella di epoca sovietica, e l’attuale Kombinat (sorta di Holding statale degli armamenti) è divenuto ormai una macchina autonoma a sé stante che, per il suo auto-sostentamento, è obbligata a passare da una guerra all’altra, chiudendo la precedente per aprirne una successiva. Da tutto ciò che precede, appare abbastanza chiara la sconfitta dell’Occidente a causa della sua mancanza di visione strategica, avendo da parte nostra rinunciato a costruire una difesa degna di questo nome, nella convinzione errata che la dissoluzione dell’Urss significasse la fine della Storia e, quindi, la vittoria definitiva del modello democratico incentrato sullo Stato di diritto e sul diritto internazionale delle istituzioni multilaterali. Questi ultimi svaniti nel nulla, per l’ostilità aperta dimostrata dai quattro quinti della popolazione mondiale in odio ai valori “laici” occidentali. Ora, Putin non è Adolf Hitler, né la Russia con le sue migliaia di testate nucleari è assimilabile alla Germania della Seconda guerra mondale, per cui le potenze occidentali non possono nemmeno lontanamente immaginare di procedere con bombardamenti a tappeto, come fecero allora per far cadere Berlino e con lui il regime hitleriano. La guerra russo-ucraina, pertanto, è destinata a continuare a svolgere i suoi nefasti effetti sulle relazioni Russia-Europa ben oltre la fine del regime putiniano, nell’attesa e nella speranza dell’avvento di un nuovo (Michail) Gorbaciov.
di Maurizio Guaitoli