Nucleare mon amour

martedì 17 giugno 2025


Fine atomica mai. Con le rinnovabili che stentano, la crisi del solare in Francia e dell’eolico in Vallonia, per esempio, l’Europa sembra tornare a marciare unita nella necessità di rilanciare, legittimare, prolungare ed esaltare il nucleare per fornire energia ai cittadini abbassando le loro bollette. Nelle ultime settimane, molti Paesi hanno serrato i ranghi e lanciato messaggi chiari alla retorica ecologista senza se e senza ma.

L’ultima che si è mossa in ordine di tempo è la Gran Bretagna, che la scorsa settimana ha annunciato un investimento di 14,2 miliardi di sterline sulla centrale Sizewell C nel Suffolk. Il progetto sarà completato tra 10 anni e, una volta finito, assicura il primo ministro, ridurrà le bollette degli inglesi. “Non stiamo firmando un assegno in bianco” con i soldi dei contribuenti, chiarisce Keir Starmer. L’investimento di oltre 14 miliardi di sterline, fa sapere l’inquilino del numero 10 di Downing Street, porterà con sé “10 anni di posti di lavoro per 10mila persone”, oltre all’indipendenza energetica e alla sicurezza per il Regno Unito. “Si sta tracciando un percorso per il futuro, il che significa avere il controllo sulla nostra energia”, continua il premier laburista, “e non stare più alla mercé di Vladimir Putin”.

Il Belgio, da par suo, come affermato direttamente dal primo ministro, ha deciso di “mettere fine alla fine del nucleare”, e di prolungare la vita le sue centrali. Con 102 voti a favore, 8 contrari e 31 astenuti, il Parlamento ha ratificato il “nuovo inizio”, non fosse altro perché viene eliminato il divieto di costruire nuove centrali nucleari. Non ci saranno, dunque, più le chiusure degli impianti avviate nel 2015 e che dovevano essere completate tra dicembre e ottobre di quest’anno. Attualmente sono in attività ancora 2 reattori, almeno fino al 2035. A ottobre 2022 è stato chiuso il primo reattore (Doel 3), il secondo (Tihange 2) all’inizio del 2023, mentre Doel ha cessato di funzionare nel febbraio scorso. Alla fine del 2025 era prevista l’interruzione di Tohange 1 e Doel 2. Sarà possibile prolungarli anche oltre il 2035? Lo Stato ha già avviato trattative con nuovi partner: Edf, che gestisce già 4 reattori, la svedese Vattenfall, la ceca Cez, Fortum (Finlandia), la canadese Opg e Rolls-Royce Smr. La Scuola Politecnica dell’UcLouvain non vede ostacoli all’estensione dell’attività a lungo termine. Il problema, semmai, si fa notare, è per i reattori già chiusi, per i quali saranno necessarie analisi molto più approfondite di quelle che avrebbero dovuto essere svolte in precedenza. In questo senso, spiegano gli esperti, il Belgio ha un ritardo di 20 anni. Che ora dovrà colmare rapidamente.

L’utopia greenintanto, è sempre più sbiadita. Trumpismo e riarmo europeo stanno smorzando gli entusiasmi di una produzione industriale a basse emissioni.

In Francia per esempio, Emmanuelle Wargon, presidente della Commission de regulation de l’energie, ha detto al quotidiano Les Echos, che sarà necessario “ridurre” il ritmo dello sviluppo delle energie rinnovabili. Da qui l’allarme lanciato dagli esperti. La Francia si sta avviando verso il declino della produzione di energia solare? Il programma energetico pluriennale (Ppe3), attualmente in discussione al Parlamento, definisce un percorso per garantire la sicurezza energetica e il controllo dei prezzi, e per ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio. Concretamente, si punta ad abbassare la quota di combustibili fossili nel consumo finale di energia in Francia da circa il 60 per cento del 2023 al 42 nel 2030, per poi arrivare al 30 nel 2035. La tabella di marcia si concentra principalmente sull’elettricità a basse emissioni di carbonio (nucleare e rinnovabile), con una quota che aumenterà dal 27 al 39 per cento nel 2035, e sulle energie rinnovabili diverse dall’elettricità (geotermica, biomassa) che dovranno essere aumentate dal 15 al 30 per cento. Se si conferma l’ambizione per il ritmo di diffusione delle energie rinnovabili, in particolare per l’energia eolica offshore, mentre l’energia eolica sulla terraferma deve mantenere il ritmo attuale, il Ppe3 sembra invece togliere il piede dall’acceleratore per la crescita della produzione dell’energia solare. “Potremmo dover rivedere al ribasso alcuni obiettivi di fornitura di energia elettrica, perché la domanda è rimasta indietro”, ha confermato Wargon, e “dobbiamo continuare a mobilitare le storiche centrali nucleari e idroelettriche, ma c’è poco spazio per altre energie rinnovabili”. Scacco matto.

Dopo il blackout anche la Spagna sembra più incline al compromesso. Il governo Sanchez, per ora, preferisce tenere i piedi in 2 staffe. Da una parte conferma l’impegno di chiudere tutte le centrali nucleari entro 10 anni, dall’altra parte dà mandato di studiare il possibile impatto di un prolungamento degli impianti fino al 2030, se non addirittura 2035, a patto che rispondano a 3 requisiti fondamentali di sicurezza (le “3 linee rosse”): per le persone, l’approvvigionamento e la garanzia che non comporti costi aggiuntivi per i cittadini. Due aziende del settore, Endesa e Oberdrola, secondo quanto riferito da fonti ministeriali a Cinco Dias, hanno scritto una lettera al ministero per la transizione ecologica, in cui si propone di estendere del funzionamento delle centrali oltre il 2035. Nello specifico, le aziende chiedono l’ampliamento dell’impianto di Almaraz, in Estremadura, la cui prima chiusura è prevista nel 2027 e poi nel 2028, secondo un protocollo concordato dalle imprese coinvolte fino al 2030. Il prolungamento dell’attività implicherebbe una riduzione del 18 per cento dei pagamenti per finanziare i costi di gestione dei rifiuti e smantellamento degli impianti, dividendo la raccolta per più anni di produzione.

Il problema resta la tassazione eccessiva del settore. La Spagna è l’unico Paese europeo, secondo uno studio di Ernst&Young, ad applicare tasse aggiuntive sulle centrali nucleari, come l’imposta sulla produzione di combustibile nucleare esaurito e di scorie radioattive, o le ecotasse regionali, che in totale ammontano a 9,2 euro per megawattora (MWh).


di Pierpaolo Arzilla