lunedì 19 maggio 2025
Con la Dichiarazione numero 806 dell’aprile scorso, dal titolo “Integrazione della dimensione di genere nella regione dell’Asia centrale”, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è intervenuta sul problema delle tante donne cui sono negati i più elementari diritti umani, quando non addirittura costrette a vivere in condizioni di sudditanza, talvolta ai limiti della schiavitù. La dichiarazione si inserisce nella “Strategia per l’uguaglianza di genere per il periodo 2024-2029” adottata dal Consiglio d’Europa lo sorso anno. Infatti, in linea con gli impegni precedenti, questa strategia guida i lavori dell’organizzazione internazionale verso una maggiore uguaglianza di genere, con un orizzonte di sei anni. Si tratta di una strategia volta ad affrontare sfide attuali ed emergenti, che si snoda attorno a sei obiettivi, con lo scopo di garantire l’emancipazione femminile e la parità di genere nel contesto delle attuali sfide geopolitiche. Ed è in questo quadro che la Dichiarazione 806 pone il focus su un drammatico problema che, purtroppo, pur nella sua tragicità, non trova sui nostri media tutti gli spazi che meriterebbe: la spaventosa situazione che stanno vivendo le donne afghane dopo il ritorno al potere dei talebani. Le misure progressivamente sempre più oppressive per le donne, introdotte dai Talebani, sono diventate il simbolo non solo della crisi interna del Paese, ma anche della fragilità dei risultati ottenuti in materia di diritti umani.
La dichiarazione prende atto del fatto che, già nel 2019, l’Unione europea e il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp, organizzazione internazionale sussidiaria dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nata il 1° gennaio 1966) lanciarono un’iniziativa per offrire opportunità di istruzione alle donne afghane in Kazakhstan, Uzbekistan e Kirghizistan. Entro il 2027, si prevede, infatti, che oltre 100 donne afghane conseguiranno titoli accademici e professionali presso università dell’Asia centrale. Altresì, va rimarcato che, di recente, con una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, si è costituito il “Centro regionale delle Nazioni Unite per gli obiettivi di sviluppo sostenibile per l’Asia centrale e l’Afghanistan” ad Almaty (Kazakhstan); ente destinato ad attuare progetti e programmi regionali volti ad assistere i Paesi della regione nel raggiungimento di uno sviluppo sostenibile nelle tre dimensioni, economica, sociale e ambientale, in stretto coordinamento con altre realtà delle Nazioni Unite coinvolte. Si tratta di un progetto del presidente del Kazakhstan Kassym-Jomart Tokayev presentato durante la 74ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 2019. I membri firmatari della Dichiarazione 806 (che ha ricevuto il sostegno unanime di tutti e cinque i gruppi politici dell’Assemblea) invitano ora gli Stati membri del Consiglio d’Europa a sostenere con forza e cooperare con il neonato polo regionale delle Nazioni Unite di Almaty come piattaforma chiave per coordinare gli sforzi internazionali nella regione e aiutare i Paesi dell’Asia centrale nei loro sforzi per assistere le donne afghane. Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale, fondata nel 1949, con sede a Strasburgo, che raggruppa 46 Stati membri, quasi tutti i Paesi europei ed alcuni esterni al continente.
La sua missione principale è quella di promuovere la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto in Europa. In tale ambito, l’Assemblea Parlamentare rappresenta le forze politiche dei parlamenti degli Stati membri e promuove l’estensione della cooperazione europea a tutti gli stati democratici d’Europa. È composta da 306 parlamentari (e altrettanti supplenti) che formano le delegazioni dei Paesi membri. Il numero dei rappresentanti dei diversi paesi è legato alla consistenza della popolazione e varia da un minimo di due ad un massimo di diciotto. L’Italia vi è rappresentata da 18 membri effettivi e 18 supplenti. La creazione del Centro regionale delle Nazioni Unite per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) ad Almaty rappresenta un riconoscimento del ruolo che sta assumendo il Kazakhstan in Asia centrale. Un Paese caratterizzato da sempre maggiore stabilità, che si è scrollata di dosso velocemente la scomoda eredità sovietica, realizzando ora riforme giuridiche, economiche e sociali intese a portare la società kazaka verso standard sempre più vicini ai modelli liberali ed occidentali. Un ruolo enfatizzato dalla stessa Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che (con una ulteriore Dichiarazione, la 809) ha riconosciuto ed apprezzato gli sforzi del Kazakhstan nella sua politica di tolleranza zero nei confronti della violenza contro donne e bambini, dei maltrattamenti e della corruzione.
Inoltre, viene riconosciuto il modello di successo con cui il Kazakhstan promuove l’armonia interetnica e l’unità nazionale. In un mondo dove le differenze religiose, culturali ed etniche sono motivo di crisi anche molto violente, il modello di tolleranza del Kazakhstan, in presenza di circa 130 differenti etnie, rappresenta un esempio di successo per il mantenimento dell’unità nazionale e l’equilibrio sociale. Pare dunque non troppo lontano il giorno in cui il Kazakhstan diverrà uno dei membri non europei del Consiglio d’Europa, al pari di altri che già ne fanno parte. La nuova responsabilità assunta con le Nazioni Unite per il coordinamento degli sforzi umanitari nella regione, infatti, garantendo il sostegno infrastrutturale e politico al nuovo centro, conferma l’impegno della giovane repubblica a ritagliarsi un ruolo non secondario nell’agone internazionale, su temi sempre all’ordine del giorno e mai facili da maneggiare. Un impegno sempre più evidente e riconosciuto, come peraltro anche dimostrato dal fatto che esso è da un po’ di tempo meta di continue visite di leader politici e di imprenditori stranieri interessati ad avviare o implementare partnership di varia natura, non solo in campo energetico.
(*) Membro del Consiglio dell’Albo nazionale analisti intelligence
di Francesco Lombardi (*)