La linea politica della disperazione

venerdì 24 ottobre 2025


Nel duro scontro alla Camera tra Elly Schlein e Giorgia Meloni, ritengo che la premier, nella sostanza, abbia avuto ragione a rimandare al mittente le reiterate e deliranti accuse di una svolta autoritaria mosse alla destra di Governo dalla leader dell’opposizione di sinistra. Tuttavia avrei evitato, come è accaduto, di usare i toni aggressivi di un comizio, limitandomi a usare l’arma sempre molto efficace dell’ironia, sebbene sia più che comprensibile una certa esasperazione da parte della presidente del Consiglio. Ma a parte ciò, in estrema sintesi, ancora una volta si evidenzia la linea della disperazione, se così vogliamo definirla, di una Schlein che, battuta sul piano dell’immagine e, soprattutto, su quello dei contenuti programmatici, sembra voler ricreare, ai danni dalla sua ben più attrezzata rivale, quella sorta di Conventio ad excludendum più volte realizzata in Francia per emarginare elettoralmente Marine Le Pen. In altri termini, l’idea sarebbe quella di creare una coalizione molto allargata – da qui proprio la definizione di campo largo – tenuta insieme dalla strumentale esigenza di tenere fuori dalla stanza dei bottoni la solita destra “brutta, sporca e cattiva”.

Quindi – al netto della solita fuffa sulla sanità, il salario minimo, il riconoscimento dello Stato della Palestina e l’ambiente – non si tratterebbe di un grande accordo basato su alcuni aspetti programmatici di massima, bensì di un’unione di salvezza nazionale contro il pericolo di una deriva rappresentato dall’attuale maggioranza guidata da un partito in odore di neofascismo. A tale proposito, vorrei ricordare che un analogo tentativo fu messo stupefacentemente in atto con esisti disastrosi da Enrico Letta, politico notoriamente moderato, durante la campagna elettorale del 2022, laddove il Partito democratico raccolse quasi il minimo storico dei consensi, mentre il centrosinistra ottenne complessivamente circa gli stessi voti di Fratelli d’Italia. Evidentemente, così come all’epoca, lanciare l’allarme fascista si rivelò un colossale boomerang, attualmente, alla luce di una premier – caso unico nella Seconda Repubblica – che dopo oltre tre anni di Governo mantiene inalterato il suo gradimento – ritentare la carta di un novello fronte popolare di liberazione dai fantasmi della storia, perché di questo si tratta, non può che tradursi in una cocente Caporetto alle prossime elezioni politiche. I molto latitanti esponenti dem dell’aria riformista sono avvertiti.


di Claudio Romiti