venerdì 17 ottobre 2025
Sassolini di Lehner
Direttore, redattori e collaboratori de L’Opinione delle libertà, prima o poi finiranno indagati, torturati, processati e sanzionati non per aver dato del cortigiano di Hamas a Maurizio Landini, che purtroppo non conosce il significato delle parole. Saranno, invece, incriminati per la fattispecie “Propaganda pro genocidio”, reato disperatamente e giornalmente menzionato da Francesca Albanese. Costei, anzi, da novella Torquemada non usa neppure il termine “sanzionati”, ma, da forcaiola naturale, pretende che quanti contestano la narrativa pro-Pal siano immediatamente “puniti”. Dimentica il corollario “appesi per i piedi”, ma va capita, possedendo, forse, un lessico pro-Pal limitato, quanto i maleodoranti effluvi linguistici di Landini, che ritenendo la politica dépendance del bordello, ritiene che dare della puttana appartenga alla normale dialettica partitica.
Io, pur essendo un infimo editorialista del quotidiano diretto da Andrea Mancia, peraltro imprudente, incosciente, ostinato sodale di Stefano Cece, per giunta, tenace aspirante drudo, ovvero sfortunato corteggiatore di Valentina e Claudia Diaconale, non temo l’ira funesta della santissima signora inquisitrice, dovendomi, in primo luogo, riguardare da ben altra temibile fatwa, scagliata dai militanti di Al-Qaeda, i compari di Hamas, i quali dall’algida Svezia accoglionista mi comunicarono che mi dovranno uccidere per la tranquillità di Abkar Chillullah. Nel cuoricino islamico-umanitario dell’Albanese la struggente felicità per i criminali palestinesi liberati nel corso dello scambio con gli ostaggi israeliani non riduce affatto la sua furia stizzita per il percorso di pace imposto da quel maledetto cristiano, per giunta capitalista bianco e sionista matricolato, di Donald Trump. In effetti, il presidente Usa, memore delle parole di Giovanni Paolo II sugli “ebrei fratelli maggiori”, da fratello minore tifa Israele e non Hamas.
Eppure, a nessuno, che non sia mentalmente desertificato dal forsennato ideologismo pro-Pal, riuscirebbe spontaneo gioire per la bestia di nome Ahmed Mahmed Jameel Shahada, ora di nuovo in libertà, magari già pronto ad esibire orgogliosamente la propria malsana ferocia, come nel 1989, quando rapì, stuprò ed ammazzò una bimba di 13 anni. A codesto schifoso pedofilo non importò neppure verificare se la bambina fosse ebrea o araba, gli bastava che fosse violentabile e assassinabile vagina da latte.
Ci sarebbe, inoltre, da inorridire davanti a gran parte dei palestinesi scambiati. Basta citarne uno per tutti, ma non il peggiore: Morad Bader Abdullah Adais, il belluino, che, all’età di 16 anni, si slanciò in guerra, coltello da macellaio in resta, contro Sion, sgozzando e facendo a pezzi il nemico, da lui individuato in una inerme e pacifica casalinga 39enne, madre di 6 figli, la povera Dafna Meir, meritevole di morte in quanto ebrea, con scempio e vilipendio di cadavere, in nome del riscatto palestinese. È d’uopo lasciare totalmente all’Albanese il piacere e la mania di schierarsi con gli squadroni jihadisti della morte, nonostante la signora non si chieda come mai i prigionieri palestinesi sia stati liberati vivi e vegeti, mentre molti sequestrati ebrei siano stati restituiti dentro la bara. È un suo problema e mi dispiace, perché non si sa se sia curabile.
Ci disturba, però, i timpani sentirla affermare: “La chiamano pace, ma per i palestinesi rischia di trasformarsi in apartheid nella sua forma peggiore. Tutti gli occhi devono rimanere puntati sulla Palestina. Popoli del mondo, non distogliete lo sguardo ora. Come ci ricorda l’eredità di Nelson Mandela, nessuno è libero finché tutti non sono liberi”. A proposito di Nelson Mandela, Francesca lo cita, dimenticando che fu personaggio discutibile, non solo per la moglie Winnie, acclamata “madre della nazione” dagli squadristi e assassini, leader delle donne dell’Anc (African national congress), nonché famigerata assassina, mandante di omicidi e di rapimenti, corrotta dalla testa ai piedi; Mandela è discutibile, non soltanto per l’attuale razzismo da lui scatenato contro i bianchi del Sud Africa, bensì per essere stato agente dell’Unione sovietica nel Continente nero e pure amico e sodale del carnefice stalinista Palmiro Togliatti.
Non mi resta, infine, che ringraziare la suddetta signora – coniugata con Massimiliano Calì, funzionario della Banca mondiale, già consulente del Ministero dell’Economia nazionale della Palestina – per la graziosa premura di fornirmi quotidianamente surreali e memorabili deliri, prezioso materiale per un pamphlet prossimo futuro, affine a quello sull’omonimo Francesco I, il pontefice che – da vero scherzo da prete dello Spirito santo – confuse Cristo con Castro. Tuttavia, non posso non arrabbiarmi, ascoltando da lei la seguente ciancia: “La parola pace è accompagnata da una fragilità oncologica dove il “cessate il fuoco” è marcato da continui fuoco su Gaza”. Da garantista viscerale, non mi auguro che finisca in galera, come ha disposto Trump, ma sento di dover stigmatizzare la straparlante Francesca.
Essendo stato, dopo un devastante intervento a cuore aperto, pure affetto da “fragilità oncologica”, a causa di un maledetto carcinoma basocellulare incuneatosi profondamente nella carne, non posso evitare di mandare risolutamente a fare ingaza la moglie di Calì, che utilizza impropriamente e cinicamente la tragedia del tumore come espediente retorico per avvalorare il suo sistematico impressionante vaneggiamento pro-Pal.
di Giancarlo Lehner