mercoledì 24 settembre 2025
Gli affitti brevi sono al centro dell’attenzione dei media e della politica italiana ormai da molti anni. L’approccio dei più è solitamente dirigista e vincolistico, quando non punitivo. “Vanno regolamentati”, è l’espressione che si ascolta e si legge con maggiore frequenza, quasi sempre a conclusione di “analisi” zeppe di luoghi comuni, di affermazioni indimostrate e di riflessi ideologici. Da oggi è disponibile in libreria La libertà abita qui. Case, affitti brevi e diritto di proprietà, di Gaetano Masciullo, edito da Liberilibri con prefazione del presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa.
Gli affitti brevi “vanno regolamentati”. Come se nel nostro Paese, negli ultimi dieci anni, non vi fosse stato un profluvio di norme che hanno riguardato ogni aspetto del fenomeno. Facciamo un breve elenco della sola legislazione statale (tenendo fuori, pertanto, le numerose e almeno altrettanto frequenti regolamentazioni regionali e comunali): 2017: obbligo di ritenuta fiscale alla fonte in capo ai proprietari; 2017: obbligo di trasmissione all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai contratti stipulati; 2017: obbligo di applicazione dell’imposta di soggiorno, con relative comunicazioni; 2018: obbligo, sanzionato penalmente, di comunicazione alla pubblica sicurezza dei dati degli alloggiati; 2019: istituzione della banca dati degli “immobili destinati alle locazioni brevi”; 2019: previsione di un codice identificativo per ogni immobile destinato alla locazione breve (Cin); 2020: obbligo di trasformazione del proprietario in imprenditore in caso di locazione di più di quattro unità immobiliari “destinate alla locazione breve”; 2022: possibilità, per il Comune di Venezia, di limitare il diritto alla locazione breve; 2023: aumento, dal 21 per cento al 26 per cento, della cedolare secca a partire dal secondo immobile; 2023: nuovi obblighi in materia di Cin, che si aggiungono a quelli relativi ai singoli codici imposti a livello regionale e comunale; 2023: obbligo di dotarsi di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio “funzionanti” nonché di estintori portatili “a norma di legge”.
Come è evidente, l’esigenza sarebbe semmai quella di de-regolamentare, vista la giungla di disposizioni in essere sia a livello nazionale, sia a livello territoriale. Sennonché, l’espressione “regolamentare” è in realtà una foglia di fico che nasconde la vera aspirazione di chi la utilizza, che è invece quella di indirizzare, controllare, limitare, vietare. Ma anche questa ipocrisia fa parte del gioco. Peraltro, non sono soltanto l’ideologia e la furia regolatoria a determinare il clima ostile nei confronti dei proprietari che scelgono di locare per brevi periodi le loro case. Esistono anche altri fattori. E altri attori.
Anzitutto c’è il tema degli interessi economici. Non è un mistero che i rappresentanti degli imprenditori alberghieri siano da sempre in prima linea nella continua richiesta di nuovi oneri, ulteriori limitazioni e finanche divieti nei confronti degli affitti brevi (che il dirigente locale di una delle associazioni più attive al proposito è arrivato a definire “un’anima nera all’interno del turismo”). Atteggiamento prevedibile, nel Paese delle corporazioni sempre in cerca di protezione da parte dello Stato, se non fosse per lo stucchevole tentativo di ammantare le richieste in questione con risibili preoccupazioni per le famiglie e gli studenti ai quali i proprietari sottrarrebbero le case ad essi asseritamente destinate.
La santa alleanza contro uno dei modi di esercizio del diritto di proprietà – perché di questo si tratta, è bene sempre ricordarlo – si completa poi con una componente particolarmente agguerrita e motivata, quella dei sindaci delle maggiori città. Qui la questione non assume soltanto contorni politici. Alcuni amministratori – intimamente consapevoli della propria incapacità di risolvere i problemi sociali dei concittadini – hanno facilmente individuato negli affitti brevi il capro espiatorio di ogni carenza, in particolare di tipo abitativo, presente sul territorio. Scelta – come è evidente – molto più redditizia rispetto a quella di mettere mano ad anni di inefficienze in merito, ad esempio, alla gestione degli alloggi di proprietà dei comuni ovvero all’erogazione di contributi in favore degli inquilini meno abbienti.
In un contesto come quello sopra tratteggiato, l’analisi documentata e ragionata di Gaetano Masciullo è una boccata d’ossigeno. Non ci illudiamo che essa riuscirà nell’impresa di modificare una deriva nella trattazione pubblica del tema che è troppo marcata per poter essere anche solo scalfita. Sarà però in grado di alimentare un dibattito di idee che è quantomai necessario in relazione a un argomento – quello degli affitti brevi in particolare, ma più ampiamente quello del diritto di proprietà e della libertà economica – che merita di essere sottratto al conformismo, ideologico o interessato che sia, e affidato a persone di buon senso e di buona volontà. L’alternativa – che invero corrisponde alla visione della gran parte dei decisori politici che si sono sinora occupati della questione – è quella descritta da Ronald Reagan in una delle sue più celebri frasi: “Government’s view of the economy could be summed up in a few short phrases: If it moves, tax it. If it keeps moving, regulate it. And if it stops moving, subsidize it”.
(*) La libertà abita qui. Case, affitti brevi e diritto di proprietà, Gaetano Masciullo, Liberilibri, 2025, 112 pagine, 14 euro
di Redazione