Ciò che le banche centrali non possono controllare

martedì 23 settembre 2025


La stagflazione si verifica quando si è in presenza, contemporaneamente, di inflazione e stagnazione. Normalmente, l’inflazione dovrebbe andare di pari passo con l’aumento della domanda e della crescita. Ma durante la stagflazione, i prezzi aumentano anche se l’economia ristagna. Quindi un’occupazione “massima” è semplicemente impossibile durante un periodo di stagnazione. Gli investimenti diminuiscono, la fiducia cala e le imprese si trovano ad affrontare costi più elevati in ogni settore, dai salari ai materiali. I consumatori perdono potere d’acquisto e sono meno propensi ad acquistare beni non essenziali a prezzi gonfiati, con un conseguente impatto sul Pil complessivo. Questo costringe le imprese a ridurre le assunzioni invece di concentrarsi sull’espansione. Di fronte a questi fenomeni le banche centrali e politici possono fare ben poco e tuttavia sono riluttanti a usare il termine “stagflazione”, poiché entrambi vogliono far credere al pubblico che l’economia sia in crescita piuttosto che stagnante. Ma l’Europa è già in declino economico e lo stesso sta per accadere negli Stati Uniti. Ecco perché Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell (nella foto), e Donald Trump di recente si sono scontrati sui tassi di interesse, con Trump che ha accusato la Fed di soffocare la crescita economica aumentando il costo del denaro.

Così nella riunione di settembre la Fed ha ceduto votando per un primo taglio dei tassi di un quarto di punto, citando “l’aumento dei rischi al ribasso per l’occupazione”. Il presidente Usa e il segretario del Tesoro ritengono che tassi più bassi stimoleranno l’economia, aumenteranno i salari, faranno salire i prezzi delle attività, miglioreranno l’accessibilità economica degli alloggi e, in generale, creeranno le condizioni per la crescita. Purtroppo politici e banche centrali continuano ad aggrapparsi alla fantasia accademica secondo cui abbassare i tassi di interesse ispirerà magicamente le aziende a investire, assumere ed espandersi. Ma il problema non è mai stato il costo del denaro. Si parli con gli imprenditori in tutto il mondo e non una volta ci si sentirà rispondere che hanno investito nell’espansione del proprio business semplicemente perché il denaro costava meno. Gli imprenditori si espandono quando vedono crescere la domanda per i loro prodotti e hanno fiducia nel futuro. Ma se devono lottare per rimanere a galla non si indebitano neppure con interessi a zero. Si investe solo con la prospettiva di un soddisfacente ritorno sull’investimento. Se un mercato cresce del venti per cento all’anno, ci si indebita anche con tasso del dieci per cento. È una questione di aspettative. Ma chi è al potere non capisce il mercato. L’ipotesi che abbassare i tassi di interesse “stimoli” l’economia non ha mai funzionato nemmeno una volta. Tuttavia, nel mondo ideale socialista-keynesiano, si presume di poter manipolare l’economia abbassando i tassi di interesse per incoraggiare le persone a indebitarsi. Non si riesce a capire che le persone prenderanno in prestito solo quando si convinceranno dell’esistenza di opportunità per fare soldi.

La Banca centrale europea ha azzerato i tassi per otto anni. Ha promosso l’espansione? La mancanza di fiducia nel futuro, non incoraggerà le persone ad avviare attività imprenditoriali. È così difficile da capire? Al massimo le grandi aziende si indebitano ma solo per riacquistare le proprie azioni, non per espandersi. Ma riducendo l’offerta di azioni proprie non farebbero altro che alimentare la spirale deflazionistica. Ovvio poi che Il taglio dei tassi si traduca in minori costi di finanziamento per gli utilizzatori di carte di credito e le aspettative di futuri tagli dei tassi bancari possano anche spingere al ribasso quelli sui mutui. Ma l’effetto è solo di fare un solletico al corpo economico se la disoccupazione peggiora con la scomparsa delle opportunità di lavoro, mentre allo stesso tempo cibo, assicurazioni, alloggi e tasse aumentano. Ci sono sempre due facce di ogni equazione, che gli economisti ignorano. L’analisi dei tassi di interesse, infatti, si concentra esclusivamente su coloro che prendono in prestito e ignorano coloro che prestano denaro e dipendono dal reddito da interessi, come gli anziani.

Se i tassi sono minimi, gli anziani spendono meno. Se i tassi non forniscono un reddito sufficiente, gli anziani si rivolgeranno alle attività finanziarie non certo all’investimento in start-up aziendali. Ecco perché anche in recessione le borse registrano rialzi. In genere, per l’economia, abbassare i tassi di interesse è deflazionistico non inflazionistico, in quanto riduce il reddito disponibile. Chi allora beneficia veramente del taglio dei tassi? Soprattutto i governi che sono i singoli e principali debitori che utilizzano i fondi pubblici per aggravare l’insormontabile crisi del debito nazionale. Ecco perché non bisognerebbe biasimare più di tanto le banche centrali di cui si fraintende il ruolo nella salute economica della nazione. Le banche centrali non hanno alcun potere e controllo sul bilancio fiscale dei governi ovvero sui tre pilastri principali della loro dissolutezza: la guerra, la tassazione e la spesa pubblica.


di Gerardo Coco