Dazi doganali: le colpe della governance europea

lunedì 14 luglio 2025


Donald Trump è il presidente degli Stati Uniti grazie ad un chiaro mandato popolare. La vera sovranità popolare trova riscontro nella elezione diretta del capo della Casa Bianca. Il voto gli conferisce poteri che gli consentono di attuare il programma di governo che è stato sottoposto alla volontà popolare. I tentativi dei magistrati americani di disattendere gli ordini esecutivi emessi da Donald Trump si sono dovuti scontrare con le decisioni favorevoli al presidente della Corte suprema. Negli Stati Uniti si conferma quello che in democrazia dovrebbe essere una ovvietà: il primato della politica. Gli elettori degli Stati federali hanno avuto il privilegio di poter scegliere tra la candidata democratica Kamala Harris e quello repubblicano Donald Trump sulla base di un’idea di gestione del Paese totalmente diversa. Addebitare le colpe al presidente americano di attuare una politica dissennata sui dazi doganali è puerile.

Il presidente Usa, a mio avviso sbagliando, sta attuando una politica economica che ha l’obiettivo dichiarato di tutelare gli interessi dell’industria nazionale e di riequilibrare il deficit commerciale con il resto del mondo. Se le sue scelte risulteranno errate ne pagherà le conseguenze nell’elezioni di midterm che si terranno il 26 novembre del 2026. Nelle elezioni di metà mandato saranno eletti 435 deputati e un terzo (33) dei senatori. Attualmente, nonostante la grande vittoria alle presidenziali Trump gode di una maggioranza risicata sia alla Camera che al Senato. La perdita della maggioranza alla camera e al senato renderebbe Donald Trump “un’anatra zoppa” che potrebbe compromettere la seconda parte del suo mandato presidenziale. Chi paga politicamente in Europa per gli errori politici ed economici commessi?

La manifesta debolezza della governance europea nelle trattative commerciali con gli Usa è dovuta ad un’architettura bizantina delle cosiddette istituzioni europee che sono tutt’altro che democratici. Chi realmente nell’Unione europea, che ha competenza esclusiva sugli Stati membri, ha il potere di negoziare con gli Stati Uniti sul tema dei dazi doganali? Formalmente è il commissario europeo per il Commercio internazionale, lo slovacco Maroš Šefčovič. In realtà, le posizioni dei singoli Paesi sono significativamente diversi sulla base di interessi egoistici diversi.  Il presidente francese Emmanuel Macron e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sono apparentemente per la linea dura contro   l’amministrazione americana. Il governo italiano e quello tedesco sono per continuare nel tentativo di trovare un “equo compromesso”, e parrebbe sia prevalsa la linea morbida sulla negoziazione.

Le differenze di atteggiamento sulla “guerra dei dazi” tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, rispetto al presidente francese Macron è evidente. La Germania e l’Italia sono i due Paesi dell’Unione europea che vantano il maggior surplus commerciale della bilancia commerciale con gli Stati Uniti. La Germania supera i 70 miliardi di euro, L’Italia intorno ai 43 miliardi di euro. Ancora una volta le vere motivazioni delle differenze di approccio al negoziato sui dazi dei Paesi europei è dovuto agli interessi economici dei singoli Stati. Oggi, definire come Unione europea una sommatoria di 27 Stati che devono trovare compromessi su tutto, è una denominazione priva di significato. Se non si procede, senza ulteriore indugio a riformare la governance europea, che deve essere governata da una vera maggioranza legittimata da un voto popolare, l’Europa dei 27 è destinata a restare un “gigante economico e un nano politico”.


di Antonio Giuseppe Di Natale