“Fuori”, oltre la goliardia

giovedì 22 maggio 2025


“Encrypted”, rappresenta un’ottima sintesi del film di Mario Martone Fuori (nelle sale italiane da oggi), per l’interpretazione di Valeria Golino nelle vesti della protagonista, la famosa scrittrice Goliarda Sapienza. Fuori, cioè, (rigirando una famosa frase di Winston Churchill) è un enigma avvolto nel mistero, che ruota attorno all’inversione del principio per cui buon senso direbbe che fuori dalla galera si stia meglio che dentro. Il mistero è “perché” questo avviene nella mente di Goliarda e delle sue sorelle ex carcerate, mentre l’enigma si incardina sul Giano Bifronte della bisessualità di tutte le donne coinvolte. Verrebbe da dire: naturale (la bisessualità) in ambienti reclusi, conventi e carceri, dove non c’è che un solo sesso con cui condividere lunghi periodi d’astinenza sessuale e affettiva. E dove, anche qui, il (la) più forte sfoga i suoi istinti sul(la) più debole, più o meno consenziente. Nella biografia autentica, la vera Goliarda rimane in carcere solo cinque giorni per un furto di gioielli a casa di un’amica, ma il suo romanzo più celebre, L’arte della Gioia ha ben 22 anni di gestazione e viene pubblicato postumo (per la prima volta all’estero) nella sua interezza.

Alcune cose di fondo nel film, però, si percepiscono chiaramente, come la fortissima corrente erotico-emotiva che rende l’incesto il frutto più dolce e proibito da cogliere per la giovane Roberta (Matilda De Angelis), ex carcerata e attivista politica, della quale si innamora Goliarda. Molte altre, appaiono invece appese a fili narrativi riconducibili alle vicende della protagonista del romanzo della Sapienza. Ovvero, a quella Modesta le cui spiccate tendenze bisessuali permeano l’intera trama del racconto, particolarmente complesso nella memorizzazione della vastissima rete, e dei relativi flussi relazionali tra i personaggi coinvolti. Il film, però, ha come difetto principale il ricorso frequente ai feed-back e ai salti narrativi inspiegati, vedi l’apparizione di personaggi come l’amico Albert (Antonio Gerardi) di Roberta, alla guida di una Mercedes rossa decappottabile; o la figura dello stesso marito di Goliarda, che poi rappresenta il suo vero mecenate ed estimatore, suo complice nel furto per dispetto dei gioielli dell’amica e padrona di casa, in cui era ospitato uno di quei salotti mondani odiatissimi dalla Sapienza. Il tutto, appunto, incluso nel mistero confuso di Roberta, che con le sue presenze-assenze fa da lievito a un impasto complicato della vita affettiva della scrittrice.

Di movimento per lo più molto lento, il film si dinamizza in modo eccitativo in molteplici direzioni, con l’introspezione della vita collettiva nel carcere femminile, in cui Goliarda viene reclusa per un breve periodo, essendo accusata di furto. E quell’ambiente ristretto, deformato e deformante, viene esploso da Martone in una miriade di volti, di caratteri, di personalità e di storie vissute, che fanno da collante alla voglia insaziabile di una verità affettiva “altra” da parte della protagonista. Una percezione, la sua, straniata e straniante, mentre costruisce con Roberta e Barbara (Elodie) uno spazio affettivo che tenta di duplicare il mistero della solidarietà carceraria, fatta dei volti contraddittori dell’amore violento e del cenacolo coinvolgente di un gineceo prorompente, libero per certi versi dal contenimento sociale, in un ambiente in cui non si ha nulla da nascondere, perché “radio carcere” tutto sa e nulla confessa. E anche Goliarda, per accedere a quell’amore rifratto-diffratto dovrà superare la prova della “spia” infiltrata nel carcere, cosa inevitabile vista la sua diversità che la fa rimanere tranquilla mentre su di lei si abbattono tutte le crisi caratteriali e i vissuti tormentati delle sue compagne di cella. Poi, c’è il discorso più interessante sul “vedersi nude”, in cui la spoliazione riguarda la facies (pirandelliamente, coincide con la questione cruciale del Pupo pubblico da mostrare agli occhi della gente comune), perché dal tocco della pelle dell’una verso le altre emergano le vere, inconfessabili pulsioni che le tengono unite. Ma non c’è in tutto questo alcuna lacerazione: sia Roberta che Barbara e ancor di più Goliarda continuano ad avere i loro riferimenti affettivi eterosessuali, tenendoli rigorosamente fuori dal tenero mistero che le coinvolge. E sarà alla fine proprio la più giovane, che si sente figlia incestuosa di Goliarda, la sua pseudo madre, a restituire a quest’ultima il principio della Gioia di vivere, riprendendo a scrivere.


di Maurizio Bonanni